Una cosa è certa. Girando l'Italia con il suo Chievo farà il pieno di fischi in ogni stadio di ogni città. Già perché l'etichetta di allenatore più odiato d'Italia Gian Piero Ventura farà fatica, molta fatica a staccarsela di dosso. Chiaro, guardandosi indietro non è e non può essere lui l'unico colpevole. Ma la mancata partecipazione dell'Italia all'ultimo Mondiale vede proprio lui come principale indiziato. L'allenatore del Mondiale fallito. Mica poco come etichetta.
È passato meno di un anno da quel 13 novembre 2017, da quella partita di San Siro contro la Svezia che decretò ufficialmente l'esclusione degli azzurri dal Mondiale spegnendo i sogni di milioni di tifosi azzurri. Ora Gian Piero Ventura, è pronto a sedersi su una panchina di serie A. Il presidente del Chievo Campedelli ha scelto l'ex ct per sostituire l'esonerato D'Anna e provare a condurre la squadra alla salvezza. Ultimi in classifica a -1, per colpa della penalizzazione di 3 punti subita per il caso plusvalenze fittizie, i giallobù hanno raccolto soltanto due pareggi e 6 sconfitte nelle prime otto partite. Prima i contatti infruttuosi con Beppe Iachini, poi la decisione di virare su Ventura che non vede l'ora di tornare ad allenare. Non un'impresa impossibile, di fatto il campionato è appena cominciato, ma di sicuro un compito arduo. L'ideale, tutto sommato, per chi vuole rimettersi in gioco.
Sarà difficile per lui far dimenticare quell'onta, impossibile cancellare il ricordo di quello che è stato. Troppo forte la delusione di un popolo di commissari tecnici, umiliati e offesi da guardare il campionato del mondo da spettatori non interessati. «La sconfitta con la Svezia ha un valore epocale ma non c'è stato rispetto e questo un po' mi ha ferito», ha detto Ventura l'altra sera in tv. «Mi auguro che la mia carriera non sia finita. Non posso pensare che due sconfitte cancellino 35 anni della mia vita. Non posso pensare che attenuino la mia voglia. Ho grande voglia di tornare in campo per dare risposte, ho delle scariche di adrenalina pazzesche», aggiunse. Ora quell'adrenalina potrà, dopo la firma ul contratto, riversarla di nuovo sul campo.
D'altra parte il suo curriculum pre nazionale parlava diversamente. Nel biennio al Bari e nei cinque anni alla guida del Torino, le sue squadre avevano messo in campo un bel gioco, offensivo, valorizzando al meglio i giocatori a disposizioni. Bonucci, Ranocchia, Cerci e Immobile, solo per citarne alcuni, hanno spiccato il volo nel grande calcio sotto la sua esperta guida. Insomma, magari non è il top e sicuramente ha fallito alla guida della Nazionale, ma almeno fino all'anno scorso non era certo considerato l'ultimo dei fessi. Ora, dopo undici mesi in cui ha rimuginato, sofferto, si è beccato insulti di ogni tipo, ha la possibilità di tornare e dimostrare che no, a 70 compiuti non è un allenatore bollito e ha ancora qualcosa da dare al calcio italiano.
Certo, i fischi e gli insulti saranno la colonna sonora che lo accompagnerà in giro per l'Italia. E non potrebbe essere altrimenti. Ma intanto non sarà più soltanto l'ex ct del fallimento epocale. Sarà anche, di nuovo, un allenatore di serie A. Anche se un'etichetta non vale esattamente l'altra.
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