Quattrocentocinquantamila euro, è proprio il caso di dirlo, in fumo. Non stiamo parlando dell’ennesimo spreco di un Comune, o delle spese folli di qualche amministrazione pubblica. Ma di spese folli, o che a dir poco destano almeno qualche perplessità, pur sempre si tratta. Già, perché 450mila euro, appunto, è la cifra che dall’inizio del 2011 la cooperativa «Lampedusa Accoglienza», cui è affidata la gestione dei centri di permanenza temporanea, ha speso per una voce che tutto è meno che un genere di prima necessità: le sigarette. Quattrocentocinquantamila euro di «bionde» in nove mesi, una cifra apparentemente abnorme. Una cifra consistente, che dà anche l’idea del business che vive attorno al dramma dell’emergenza immigrazione. Già, perché «Lampedusa Accoglienza», che gestisce i due centri presenti sull’isola - quello di contrada Imbriacola, dato alle fiamme qualche giorno fa dai tunisini che non volevano essere rimpatriati, e quello sito nell’ex base Loran, che ospita i minori- non è che paghi di tasca propria le sigarette. Il fumo, come le schede telefoniche, gli abiti, i pasti, le medicine e tutto il resto fa parte dei 33,42 euro al giorno, per immigrato, che il ministero dell’Interno versa alla cooperativa che garantisce l’assistenza. Cooperativa che, in questo 2011 di emergenza sbarchi, ha dato lavoro a 130 persone.
Ma le spese per la nicotina, in tempo di ristrettezze per tutti causa crisi, non si potevano risparmiare? L’amministratore di «Lampedusa Accoglienza», Cono Galipò, allarga le braccia: «La voce – spiega – è espressamente prevista dal capitolato d’appalto col ministero dell’Interno. Soprattutto i nordafricani fumano molto, e le sigarette fungono per certi versi anche da tranquillante. Secondo gli accordi dobbiamo dare un pacchetto da dieci sigarette al giorno ad ogni immigrato maggiorenne. Faccia un po’ i conti,un pacchetto da 10 costa due euro, moltiplicato per i milioni di immigrati che da gennaio ad oggi sono arrivati, ed ecco che si arriva ai 450mila euro». Paradosso nel paradosso. I 450mila euro di sigarette sono solo una delle voci di spesa. Ci sono infatti le schede telefoniche - una, da cinque euro, ogni dieci giorni - e poi detersivi, sapone, indumenti. E poi naturalmente i pasti, tre al giorno.«Solo dall’1 gennaio – spiega ancora Galipò – ne abbiamo forniti ben 650mila, per la maggior parte prodotti a Lampedusa. Tutto comunque è compreso nel budget di 33,42 euro al giorno che il ministero ci dà per gestire l’assistenza. Il dato delle sigarette colpisce, ma fa parte di un ragionamento globale, sull’economia che gira attorno all’assistenza agli immigrati a Lampedusa».
Un’economia che adesso rischia di bloccarsi. Dopo le tensioni di qualche giorno fa, infatti, i centri si sono svuotati. E il giro di denaro, in mancanza di una nuova ondata di sbarchi, potrebbe arenarsi. Sino al 30 settembre, anche se il centro è vuoto- sono rimasti soltanto 43 minori, tutti ospitati nell’ex base Loran - «Lampedusa assistenza» prenderà la sua quota mensile, che è di 42mila euro, quel che serve per l’assistenza ai pochi ancora lì e per pagare le circa 20 unità di personale in servizio.
E poi? «A meno di nuovi arrivi di massa – dice Galipò – non saranno rinnovati gli 80 contratti a tempo indeterminato. Si vedrà che accordi raggiungere ». Insomma, se i barconi carichi di immigrati in arrivo dalla Libia interromperanno l’arrembaggio cominciato a febbraio, il business è finito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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