Roma - «Sono sereno, ho fatto il possibile». Nell’ultimo giorno di campagna elettorale, Silvio Berlusconi scartabella i sondaggi e tira le somme. Lo sprint delle ultime due settimane - nel quale s’è buttato a testa bassa, tanto che ieri ha anticipato il rientro da Bruxelles - sta portando buoni risultati, perché rispetto a 15 giorni fa la rimonta c’è ed è tangibile. Il punto è vedere se sarà sufficiente a portare a casa le cosiddette regioni in bilico.
Nei ragionamenti degli ultimi giorni, infatti, il premier ha ripetuto più volte che si parte dal 2 a 11 di cinque anni fa e che ogni governatore in più per il centrodestra è una vittoria. Berlusconi, però, sa bene che mediaticamente è anche la cifra complessiva quella che conta, perché il rischio è di trovarsi con giornali e tg che titolano sul Pd che vince 9-4, 8-5 o 7-6. Risultati che hanno un impatto decisamente differente tra loro. Per questo ieri il Cavaliere ha deciso di spingere al massimo sull’acceleratore, con un fiume di interviste e collegamenti telefonici. Perché su undici regioni al voto, quattro sono ormai date per acquisite. La riconferma in Lombardia e Veneto e la vittoria in Calabria e in Campania. Insomma, un più due rispetto a cinque anni fa è assicurato, con un dato politico che Berlusconi non mancherà di mettere sotto il naso a chi continua ad assillarlo con la presunta golden share della Lega nella maggioranza. Un problema - è il ragionamento del premier - sentito dalla dirigenza del Pdl, ma non certo dall’elettorato se due regioni del Sud come Campania e Calabria passano dal centrosinistra al centrodestra. Due regioni che rappresentano circa otto milioni di cittadini del Mezzogiorno.
Messi da parte i risultati dati già per acquisiti, la partita si concentra soprattutto su Lazio e Piemonte. Che, seppure per ragioni diverse, a Palazzo Grazioli vengono considerate «chiave». La prima in particolare, visto che dalla discesa in campo di Berlusconi a fianco della Polverini l’ex sindacalista dell’Ugl ha rimontato buona parte dei voti che le mancheranno a causa dell’assenza della lista del Pdl nella provincia di Roma. Insomma, nei sondaggi in mano al premier è un testa a testa, visto che il margine d’errore fisiologico è del 3%. Politicamente, però, una vittoria nel Lazio sarebbe pesantissima, non solo perché è la regione della capitale e perché conta oltre cinque milioni e mezzo di abitanti. Ma soprattutto - è il ragionamento che si fa nell’entourage del Cavaliere - perché dimostrerebbe che Berlusconi «può vincere anche quando è un uomo solo senza liste» visto che la Polverini non è certo un carico da novanta.
Altro capitolo, invece, quello del Piemonte dove i sondaggi registrano un altro so close to call. La vittoria di Cota, infatti, sposterebbe dal centrosinistra al centrodestra quasi quattro milioni e mezzo di italiani e segnerebbe un allargamento dei confini della Lega. Che, al di là dei rumors, non preoccupa affatto Berlusconi, sempre più convinto che Bossi «non è solo un alleato fedele ma un amico vero». Non è un caso che il premier a sostenere Cota a Torino sia andato ben due volte. Più difficile, invece, la partita in Puglia (che vale quasi cinque milioni di votanti), anche se la rimonta di Palese su Vendola c’è stata e gli ultimi sondaggi non escludono sorprese. Improbabile, invece, un successo in Liguria, tanto che Berlusconi ha deciso di non andarci nonostante le fortissime insistenze di Scajola.
La campagna elettorale del Cavaliere, d’altra parte, è stata chirurgica. E si è concentrata come presenze proprio su Lazio e Piemonte. Il calcolo non è difficile: sono in ballo 43 milioni di italiani, di cui 31 sono oggi governati dal centrosinistra e 12 dal centrodestra. Lombardia, Veneto, Campania e Calabria fanno già 23 milioni di elettori (un incremento del 50%). Se arrivasse anche solo una tra Lazio e Piemonte si salirebbe a 27,5 o 28,5 milioni contro i 14 milioni di amministrati dal centrosinistra e sarebbe già una vittoria netta.
Con tutte e due, invece, si salirebbe addirittura a 33 milioni di italiani contro gli 11 del centrosinistra. Esattamente il triplo. E pure se il Pd dirà che ha vinto 7-6, è il ragionamento del premier, «anche un bambino capirebbe che abbiamo stravinto noi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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