St. Moritz, D'Alema: "Solo una gita" Le stranezze tra lusso ed ecomostri

L'ex premier: "La sciarpa non era di cachemire e le scarpe di Decathlon". In Svizzera con il costruttore Mazzitelli, noto per lo sfregio ambientale del "Fuenti" sulla Costiera amalfitana

St. Moritz, D'Alema: "Solo una gita" 
Le stranezze tra lusso ed ecomostri

Questioni di lana. Anzi, di lana caprina. Massimo D’Alema s’indigna: «La sciarpa che indossavo - spiega al direttore del Riformista Stefano Cappellini - non era di cachemire, posso fargliela vedere». Le sciarpe. Le scarpe. Le barche. Siamo sempre alle stesse latitudini. Agli stessi balocchi. Agli stessi complessi. È da anni che Massimo D’Alema si giustifica, minimizza, gioca come un minimalista sui tessuti, sulle calzature, sulla passione per il mare. Va per mare, ma che volete che sia: l’Ikarus II, un «canotto» di diciotto metri, è una multiproprietà, lui e il suo socio pagano una sciocchezza, 8.068 euro al mese di mutuo (Repubblica del 2005), aperto curiosamente con la Popolare di Lodi di Fiorani, ma è un caso. Sull’artigiano calabrese che gli confeziona superbi calzari, D’Alema ha costruito un piccolo trattato teologico, in bilico fra orgoglio risparmioso piccoloborghese e pauperismo postcomunista di ritorno.

Ora si accende per le foto pubblicate da Chi che l’ha immortalato per Natale nella bianca e fiabesca Engadina. Nulla di male, ci mancherebbe. Ma è lui stesso, forse perché punto da quella perfida definizione del Cavaliere, «comunista in cachemire», a disegnare una contorta spiegazione che alimenta solo maliziosi retropensieri. «Io non sono andato in vacanza a Saint Moritz - afferma - non che sia un criminale andarci. Sono andato in vacanza in un paesino dell’Engadina, meno costoso. A Saint Moritz sono stato in gita. Non c’ero mai stato».

Eccolo, il leader del Pd è sempre alle prese col cubo del suo passato. Lo gira da tutte le parti, ma non trova la soluzione più semplice e allora s’imbarca in ardite dispute sul sesso degli angeli: D’Alema, a quanto risulta al Giornale, non è andato in vacanza a Saint Moritz perché in effetti era ospite dell’hotel Bernina in quel di Samedan. Ora uno può arzigogolare come meglio crede sul proprio tempo libero, ma Samedan è a un tiro di schioppo dalla celebre località dei Grigioni. Sei chilometri, metro più metro meno. Anzi, è famosa in tutta Europa perché lì c’è l’aeroporto che serve i vip: Samedan sta a Saint Moritz come Linate a Milano. Che motivo c’è di cavillare sulla carta geografica ingigantendo il dettaglio col piglio di un militare impegnato in un rastrellamento? Se uno non va a Forte dei Marmi perché è su una sdraio a Pietra Ligure è un conto, ma se sverna a Marina di Pietrasanta, magari al Twiga, a cento metri dal Forte, perché aprire un inutile dibattito?

L’hotel Bernina, per la cronaca, è un quattro stelle e fa parte della catena di alberghi chic Metaresort della famiglia barese Mazzitelli. Famiglia storica di costruttori, anzi di palazzinari come si dice in gergo. I Mazzitelli hanno tirato su interi quartieri di edilizia popolare a Bari, palazzi su palazzi che non hanno trovato posto nella storia dell’architettura ma solo in quella delle desolate periferie italiane. E sempre i Mazzitelli sono gli storici proprietari del Fuenti, il più celebre degli ecomostri d’Italia, l’ecomostro più ecomostro adagiato come un elefante sulla cristalleria della Costiera amalfitana, demolito dopo una lunghissima e sfibrante battaglia giudiziaria e incredibilmente risorto, in formato mignon, dalle proprie ceneri qualche mese fa. Insomma, Mazzitelli uguale mattone & resort. E infatti nelle foto scattate sulle nevi svizzere D’Alema è accompagnato proprio da Dante Mazzitelli, il presidente della catena. D’Alema dunque ha trascorso le festività in una bellissima struttura non proprio a conduzione familiare.
Tutto regolare, ci mancherebbe. Salvo quei continui corpo a corpo con i luoghi comuni di una certa sinistra. «Il giaccone - prosegue lui - è un vecchio giaccone». Certo, è un old Fay targato Della Valle, se le immagini non c’ingannano. E le scarpe? Ecco pronta un’altra turibolata d’incenso quaresimale: «Le scarpe le ho comprate da Decathlon, pagandole ventinove euro, possono testimoniarlo le tante persone che hanno fatto la fila con me».

Le scarpe, si sa, sono un argomento che ha sempre tarantolato D’Alema. E lo ha spinto a spigolose precisazioni. Così, in una fondamentale lettera a Sette qualche tempo fa, il sulfureo leader correggeva con una punta di stizza quanto scritto in precedenza da Francesco Merlo: «All’artigiano calabrese fabbricatore di ottime scarpe, e citato dallo stesso Merlo nel suo articolo, il settimanale Panorama ha dedicato un ampio servizio dal quale risulta che il prezzo del prodotto è di gran lunga inferiore al milione e mezzo di cui si è parlato».

Scarpe cheap, sciarpa di un tessuto non meglio definito, dislocazione decentrata: è sempre un D’Alema low cost quello che cosparge d’incenso il proprio riposo. Però è un low cost da cartolina. In compagnia di quel Mazzitelli che dopo la demolizione del Fuenti ha ricominciato a ricostruire nello stesso luogo sfregiato, è incappato nella magistratura, si difende accampando i propri diritti e citando gli accordi raggiunti a suo tempo con autorità varie, è finito nel mirino del Fatto che ironizza sul Fuentino al posto del Fuenti.

E insomma, non riesce a voltare pagina. Proprio come D’Alema. Che alla fine trova la quadratura del cerchio prendendosela con «lo squadrismo mediatico» del Cavaliere. Che noia. Anche sull vette dell’Engadina, D’Alema vede sempre lo stesso panorama.

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