La stanza di Mario Cervi

Gentile dottor Cervi, un lettore Le scrive proponendo di introdurre nelle scuole anche qualche materia pratica. Ottima idea secondo me. Ma lei, mi sembra di aver capito, la boccia. Il giorno successivo invece lei auspica che i mestieri dell’artigianato non finiscano, come stanno finendo, in mano esclusiva degli emigrati. A me pare invece che l’assenza dalle scuole di materie pratiche sia un grosso difetto per due ordini di motivi. Innanzitutto non si permette ai giovani e giovanissimi di confrontarsi con la vita e i piccoli problemi reali poiché si conferisce grande importanza a chi sa tutto su Astianatte e nulla a chi è portato ad aggiustare un rubinetto o a fare saldature, anzi si porta disprezzo per quest’ultimo. Il che non mi sembra giusto, dato che i mestieri sono tutti nobili e utili e nel contempo viene a mancare la competizione e la selezione fra giovani su argomenti non strettamente speculativi e di conseguenza la carenza di chi si dedica alle materie pratiche (quante benedizioni si darebbero a un figlio quindicenne capace di sostituire un interruttore?).

In secondo luogo si finisce per avere tanti laureati, magari dopo 8-9 o più anni, rifiutati dal mondo del lavoro in quanto incapaci di svolgere qualsiasi lavoro manuale per carenza di quello stimolo che solo nella scuola si potrebbe acquisire compiutamente.
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