La stanza di Mario Cervi

Caro Cervi
Intervenire sempre e dove conviene: questo è il motto degli americani. Di recente, l’abbiamo visto con la Serbia, nel 1999, quando, dopo i bombardamenti aerei, la guerra terrestre fu per le forze della Nato quasi una passeggiata, perché era tutto distrutto. Nel caso della Libia il rischio è che si ripetano vicende già viste, solo perché a comandare il mondo sono sempre gli americani. Tutti si genuflettono all’ostinazione di una politica che vuole mostrare sempre la sua supremazia oltranzistica, d’interessi economici propri. La NATO, logicamente, non può esimersi dal non ubbidire, anche se cerca uno spiraglio d’uscita, chiamando in causa l’Onu. Francia ed Inghilterra rispolverano tutta la loro boria guerrafondaia di rigurgiti coloniali. L’Italia fa bene a riflettere sul suo passato che non passa e proprio perché per 33 anni è stata padrona nella sua «conquista dell’Impero», le desolanti, tristi memorie della Quarta Sponda, unite ai più recenti patti fatti con un dittatore, questa volta inducono il governo italiano a non volersi ripetere con i suoi giri di valzer, come spesso è accaduto in passato, per questioni di politica estera. Qualora venisse dichiarata la «no fly zone» ed a seguire tutte le procedure conosciute per un’azione militare alleata, l’Italia dovrebbe, eventualmente, concedere le sue basi d’appoggio, se richieste, ma chiamarsi fuori da un intervento congiunto ed unendosi alla Russia, formulare, se necessario, un veto al Consiglio Atlantico di Sicurezza, anche a costo di ripercussioni politiche internazionali.

Meglio quelle di disaccordo che fronteggiare problemi di sicurezza sociale ed economici, di gran lunga più grandi di quelli che sono in atto. L’azione del governo italiano dovrebbe mirare nel limitarsi a fornire solo un sostegno logistico, dal mare, alla popolazione libica, indistintamente.
Monselice, 8 marzo 2011

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