La stanza di Mario Cervi

Caro Cervi
ricordo un aneddoto raccontato in TV dal sagace Ugo La Malfa. Era un periodo di continue malefatte impunite, di disordini provocati dalla malavita scorrazzante per la città che agiva senza essere bloccata dalla forza pubblica inerme. Quasi per un’ovazione di indignazione popolare si armarono i vigili urbani di Roma che, fino allora non portavano armi. Ebbene, il giorno dopo, due ragazzotti in moto non si fermarono ad un controllo stradale effettuato dai Vigili, che, tra l’altro investirono, colpendone uno. La reazione legittima all’attacco criminale portò l’altro vigile a sparare un colpo di pistola che, purtroppo uccise un malfattore. Il giorno dopo, la reazione popolare, tremendamente indignata, fu tale che dovettero limitare nuovamente l’uso delle armi al Corpo dei Vigili. Questa è l’Italia puerile che si muove esclusivamente su sensazioni epidermiche; che prende decisioni sull’onda della polemica artatamente fomentata da alcuni imbonitori e guru di piazza; che vive passionalmente sulle emozioni momentanee contrastanti giorno dopo giorno, illogiche, strumentali, autopunitive. L’Italia che ha bisogno di un eterno Masaniello, (o pretore, o comico di piazza) che gridi qualunque cosa contro qualcun altro, per avere la sensazione di ribellarsi, standosene al di fuori della mischia, deridendo il potere, tirando le monetine ai potenti, ma solo per fare “casino”. L’Italia lamentosa dei “dritti” e dei piagnoni che ti “fotte” alle spalle e che ride sguaiatamente.

L’Italia del: perché a me? Meglio nel giardino del vicino! L’Italia che parla di politica come quando fa tifo per la propria squadra di calcio, dove l’illogicità e la sana passione di parte contro l’evidenza dei fatti è ammessa per principio. Questo sta avvenendo con il nucleare.
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