la stanza di Mario CerviEliminare gli stipendi dei parlamentari sarebbe sbagliato

Lo Statuto Albertino del 1848 stabiliva che «Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione o indennità». Potremmo provare, io e Lei, a proporre questo «contratto di lavoro» ai futuri nuovi candidati al Parlamento e al Senato per vedere «l'effetto che fa».
Vabbè, allora si candidavano solo i ricchi, mentre oggi lo fa chi tale vuol diventare. Le cose cambiano, e allora, perché non cambiare la nostra Costituzione, che è giunta anch'essa all'età della pensione (già avanzata, alla «Fornero») perché a giorni compirà 65 anni?
Camogli

Caro Fassone, una norma secondo cui il mandato parlamentare non preveda indennità alcuna mi sembra irrealizzabile e ingiusta. Perché, come ammette lei, potrebbero candidarsi solo i ricchi. E poi non credo in soluzioni radicali, presto aggirate: come è accaduto per il finanziamento pubblico dei partiti, solennemente bocciato dal popolo e miracolosamente riportato in vita dal Palazzo. Per i deputati e i senatori mi basterebbe il dimezzamento del loro numero e dei loro compensi, nonchè l'azzeramento di privilegi come i viaggi gratuiti, le «missioni» inutili, le auto blu, l'ingresso gratuito nella tribuna dei vip alle partite di calcio. Ma non basta incidere su Montecitorio e su Palazzo Madama. Le infinite articolazioni della politica locale prevedono infiniti sperperi di denaro dei contribuenti. Stabiliamo almeno che i «governatori» italiani non debbano essere pagati meglio dei «governatori» statunitensi, e che i consiglieri regionali nulla facenti non debbano essere pagati più d'un direttore di banca. Ciò che bisognerebbe fare lo sappiamo tutti.

Difficile è farlo Quanto alla Costituzione sono d'accordo, le ci vorrebbe una bella rinfrescata. Invece molti. nella Nomenklatura ma anche nei salotti e nello spettacolo - vedi Benigni - ne mitizzano le intangibili bellezza e saggezza.

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