la stanza di Mario CerviLe lacrime di Napolitano sono sincere e, purtroppo, motivate

Piange Napolitano, piange Bersani, piangeva la ministra Fornero, ha pianto Berlusconi, hanno pianto di rabbia i quirinalati trombati, piange l'Italia fottuta, piangono tutti. Anche Totò, in Miseria e nobiltà, parlando del nipote innamorato della ballerina che il conte padre si rifiutava di concedergli sposa. Piangevano tutti, conclude sconsolato il principe di Casador «travestito» da Totò. È tutto un piagnisteo. Anche le gatte piangono, ma, come si dice a Napoli, «Chiagnene e fottene».
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Caro Ferraro, agli italiani viene sovente rimproverato un eccesso di pianto, una commozione lacrimosa che può essere frutto d'autentica pena ma che a volte è - o viene ritenuta - una sceneggiata mediterranea. Vittorio Emanuele Orlando, il presidente del Consiglio che guidò la delegazione italiana nelle trattative di pace a Versailles, dopo la Grande Guerra, ebbe sovente il ciglio umido quando le richieste italiane venivano contrastate dagli altri vincitori. Il presidente francese Clemenceau, che per la sua durezza era detto «la tigre» e che soffriva di disturbi alla prostata, disse «ah! se io potessi pisciare come lui piange». Durante un discorso agli italiani d'Argentina Giovanni Gronchi s'era commosso, spontaneamente o non, fino al singhiozzo. Quando a sua volta Giuseppe Saragat si rivolse agli italiani di laggiù, anche lui come presidente della Repubblica, rammentò il precedente gronchiano e con una punta di malizia disse che lo statista non piange in pubblico, piange nella solitudine, a colloquio con le stelle. Sui politici incombe sempre il sospetto della finzione furbastra. Ma le condizioni dell'Italia in questo tempo sono tali da conferire genuinità ai pianti dei notabili. I motivi per cedere allo sconforto non mancano, sono anzi così numerosi che citarli uno per uno diventa impossibile. Vorrei fosse chiaro che non escludo alcune recite strappacuore. Nel Palazzo i cultori della saggia massima napoletana sul piangere e fottere non mancano. Ma i più spudorati li conosciamo.

Non credo proprio che i personaggi da lei citati siano di quel tipo. I dispiaceri e le apprensioni di quel vecchio e malinconico signore che è Giorgio Napolitano per vedere l'Italia al punto in cui si trova hanno, ne sono certo, il timbro dell'autenticità.

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