Cultura e Spettacoli

Da statisti a revisionisti: gli ex Dc riscrivono l’Italia

Forlani rimpiange la Prima Repubblica, Andreotti spopola E Fanfani torna con le lezioni contro il liberismo selvaggio. L'auto-accusa: "Abbiamo sbagliato a non reagire, quanto opportunismo in quei magistrati"

Da statisti a revisionisti: gli ex Dc riscrivono l’Italia

Tempo di nuovi revisionismi, riletture, bilanci critici dell’ultimo ventennio e della rivoluzione politico-giudiziaria che ha spazzato via una Repubblica per far posto ad un’altra. Pian piano tornano alla luce vecchi nomi, ex potenti relegati in un cantuccio della memoria - spesso infame -, per raccontare un’altra storia d’Italia. Se tra i partiti della prima Repubblica il Psi è quello che finora ha lottato più apertamente per riscrivere gli anni di Tangentopoli, da qualche tempo anche la Dc, la vecchia Balena bianca, torna sulla scena per ricostruire le trame di un decesso (o di un assassinio?) politico. E lo fa, l’ex Democrazia cristiana, soprattutto con i libri e le memorie dei suoi grandi sconfitti, che gli editor hanno già fiutato come nuovo genere pamphlettistico. Se probabilmente non può essere annoverato in questo genere l’ultimo libello di Francesco Cossiga (Mi chiamo Cassandra. Arguzie, giudizi e vaticini di un profeta incompreso, ed Rubbettino), battitore libero ormai irriducibile a cifre partitiche, la lunga intervista ad Arnaldo Forlani fatta per Marsilio da un altro ex Dc come Sandro Fontana (Potere discreto, Cinquant’anni con la Democrazia cristiana, pagg. 254, euro 15) è un chiaro atto d’accusa verso i responsabili della distruzione del più grande partito italiano del dopoguerra (e prosegue il filone «revisionistico» bianco già iniziato dallo stesso Fontana con La grande menzogna).

È il «sangue» dei vinti democristiani che rivendica la sua verità. Forlani, 83 anni, ora malato, ha guidato a lungo la Dc e ha finito la sua carriera (mezzo secolo) in un’aula del tribunale di Milano, in quel drammatico interrogatorio dell’allora pm Antonio Di Pietro: «Abbiamo sbagliato a non reagire - scrive Forlani nell’intervista-autobiografia -, a non far capire che l’attacco non era affatto di aiuto al rinnovamento della politica». Forlani chiama in causa, più che l’accanimento del pool, questioni di opportunismo e di ambizioni personali dei magistrati: «Se un atteggiamento appare conforme alle attese “politiche” e utile ai fini del successo e della popolarità, diventa tentazione che rapidamente si dirama. L’opportunismo è più comune e generalizzato che non il settarismo ideologico». E sulle ragioni della «grazia» giudiziaria all’ex Pci: «Nella fattoria degli animali tutti siamo uguali, ma alcuni lo sono di più».

Tra tutti i titoli della Balena bianca in libreria, quello di Forlani è il più significativo e «pesante» sul piano politico. Ma è un segnale anche la riproposizione delle lezioni di un altro pezzo da novanta della vecchia Dc, Amintore Fanfani, (Capitalismo, socialità, partecipazione. Edito anche questo da Marsilio: c’entrerà qualcosa in questa amarcord politica della prima Repubblica, il fatto che il presidente della casa editrice veneziana è Cesare De Michelis, fratello del più volte ministro socialista Gianni?). Storico dell’economia oltreché sei volte presidente del Consiglio e segretario della Dc, la lezione di Fanfani sembra parlare di oggi per riproporre la ricetta economica della Dc, un capitalismo permeato di socialdemocrazia, che diffida del libero mercato senza la guida dello Stato. Una terza via, cristiana, per mettere al riparo il Paese da quel che Fanfani chiama «gli sviluppi del capitalismo-invidualista e del comunismo-collettivista», il primo incapace di distribuire equamente la ricchezza, il secondo di produrla. Senza però allontanarsi dalla via maestra intrapresa dall’Occidente, perché se il capitalismo secondo Fanfani va riformato, «non va fatto l’errore di ripudiarlo».

Di altro tono e di altra natura invece è la presenza di testi sul Divo, Giulio Andreotti, messi in catalogo anche per il novantesimo compleanno (14 gennaio 2009) del grande capo Dc. Prima il film di Paolo Sorrentino, da cui Andreotti esce come una gigantesca ombra che si allunga su tutta la storia repubblicana. Rizzoli ha da poco ripubblicato il titolo più famoso dell’ex presidente del consiglio Dc, Il potere logora chi non ce l’ha, sottotitolo accattivante: «La storia, la politica, la vita in 330 battute». E del Divo è uscita una corposa biografia di Massimo Franco (Andreotti, la vita di un uomo politico, la storia di un’epoca, ed. Mondadori, pagg. 371, euro 20) e una «guida ragionata all’andreottismo», come si autopresenta il Giulio Andreotti. Parola di Giulio di Francesco Specchia (Ed. Aliberti, pagg. 1008, euro 15).

E che dire della Dc negli anni di piombo? C’è un libro anche su quello, appena uscito per Rubbettino e curato da Vittorio Alberti. Interviste ai famigliari delle vittime, materiale in parte inedito, il volume è stato presentato la scorsa settimana all’Istituto Sturzo di Roma, tra gli altri, anche da Paolo Cirino Pomicino, uno dei più attivi «revisionisti bianchi» che ora racconta «Segreti e bugie della seconda Repubblica» in La politica nel cuore (Cairoeditore, pagg.

237, euro 17).

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