Storace. "An a Napoli era piena di camorristi"

Roma «Fini chi?» Come, chi? Gianfranco, il presidente della Camera, quello che ha fondato An e di cui lei, Francesco Storace, è stato per tanto tempo il braccio destro... Dovrebbe conoscerlo benissimo. «Ah, quello. Ma non so se è lo stesso che conosco io. Questo sventola la bandiera della legalità in un modo, come dire, molto creativo».
Perché, non le appare sincero?
«Proprio per niente. Anzi, la sua mi sembra una battaglia a rate, a intermittenza, che si accende secondo le convenienze del momento. Adesso imbarca del suo Fli pure Alfredo Vito».
Don Vito ’a sogliola, mister centomila preferenze, che patteggiò una condanna a due anni.
«Appunto. E noi siamo curiosi di sapere se il legalitario Fini, che ha invitato Alfredo Vito alla sua manifestazione di Napoli, ha avuto modo di farsi spiegare da Carmelo Briguglio qualche dettaglio sui cammorristi che a dire di Briguglio, nel 2006-2007 infestavano An a Napoli. Carmelo all’epoca era con me all’opposizione interna nel partito e mise nero su bianco quei timori di infiltrazioni. Chiese al segretario di creare un’apposita anagrafe degli iscritti, una forma di garanzia minima per evitare presenze poco raccomandabili».
E Fini che fece?
«Che mi risulti, nulla».
Forse non lo sapeva.
«Non poteva non sapere, era stato avvertito da Briguglio con un atto ufficiale, non a voce. E infatti recentemente su queste vicende è stato pure sentito dai giudici di Montecitorio».
Può essere che non toccasse direttamente a lui intervenire, ma ai dirigenti locali, o agli organismi di controllo del partito...
«Ma mi faccia il piacere. Se al direttore del Giornale segnalano la presenza di malviventi e camorristi in redazione, ci dorme sopra? E poi in quel periodo Fini era il padre padrone di An, non si muoveva foglia che lui non volesse. Impossibile che gli sfuggisse una cosa del genere».
Storia vecchia. Adesso il presidente della Camera batte parecchio sul tasto della legalità.
«Ecco, lo fa adesso. Però due anni fa andò fino a Palermo per difendere Totò Cuffaro che era stato appena condannato per favoreggiamento della mafia. Da perfetto garantista, sosteneva che non doveva assolutamente dimettersi dalla presidenza della Regione Sicilia».
Ora guarda al centro in cerca di alleanze.
«Sì, guarda al centro e, tanto per restare in argomento, accoglie in Futuro e libertà gente come Giampiero Catone, un ex democristiano che in Abruzzo ha avuto diversi problemini con la giustizia. Sarebbe questa la linea della moralità? E poi vorrei sapere che c’entra Catone con la tradizione della destra».
In conclusione, secondo lei la svolta legalitaria di Gianfranco Fini non è credibile.
«Non può esserlo, se si vanno a vadere le corse che ha detto e che ha fatto. La sua battaglia legalitaria va a corrente alternata, come tante altre sue prese di posizioni. Come ad esempio sul conflitto d’interessi, che ha scoperto soltanto da poco».
Cioè, da quando è in rotta di collisione con Berlusconi?
«Esatto.

Gianfranco ora si propone come grande campione della moralità, ma a giudicare anche dal recente passato è una grande balla. Il re è nudo e non è nemmeno un bello spettacolo. Potremo cominciare a credergli quando si deciderà a dare risposte concrete sulla casa di Montecarlo. Che aspetta a spiegare?».

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