Storia della città

Nello scorrere frenetico delle auto lungo corso Sempione, non è frequente che qualcuno si soffermi ad osservare il palazzo - poco dopo l'incrocio con vio Canova, sulla sinistra per chi viaggia verso la periferia - da cui sventola in permanenza il tricolore. Eppure si parla di un pezzo di storia di Milano e d’Italia: architettonicamente, politicamente, militarmente.
Da ieri il palazzo, che porta il numero civico 25, è monumento nazionale. La Guardia di finanza, che ha nello stabile la sede del suo comando interregionale, ha giustamente celebrato l'avvenimento con un libro. D’altronde è singolare che, nel mare magnum di informazioni reperibili su Internet, si trovasse finora solo con fatica, e a spizzichi, la storia di questo severo blocco di marmo e acciaio.
Le «fiamme gialle» ne sono legittime inquiline dall’aprile 1945, quando il Comitato di liberazione nazionale affidò loro - insieme ad altre missioni - il compito di espugnare l’ultimo caposaldo dell’apparato mediatico del Regime: in corso Sempione c’era la sede dell’Eiar, la Rai di allora. L’azienda radiofonica occupava due stabili: quello al numero 27, progettato dal grande Gio Ponti, ereditato oggi dalla Rai, che il 25 aprile venne occupato dalle brigate anarchiche «Bruzzi - Malatesta»; e quello al numero 25, disegnato qualche anno prima da tre giovani architetti milanesi come sede del Gruppo rionale fascista «E. Crespi». É quest’ultimo lo stabile che i vertici della Resistenza chiesero alla Guardia di finanza di espugnare.
Si tratta di un esempio importante, se non di un capolavoro, dell'architettura razionalista: forse lontana dai gusti di oggi, ma regina di quegli anni e progenitrice dei progressi successivi. Insieme a Giuseppe Calderara e Giovanni Angelini, lo progettò Tito Varisco Bassanesi, di cui a Milano è oggi più facile notare altre imprese successive, come il garage di via De Amicis, o la grande casa curva all’angolo tra via Vallazze e via Teodosio, o l’intero quartiere popolare di via Feltre. Ma in corso Sempione 25 il giovane Varisco diede già prova di visione e concretezza: il palazzo è tutto impostato intorno al cortile per le adunate, con l'Atrio ed il Sacrario rivestiti in marmo Botticino, come pure le gallerie, e l'Agorà coperto da un velario in vetro rigato Temperit. Uno standard ideale alto, insomma.

Anche se non raggiunge il livello di un’altra Casa del Fascio divenuta anch’essa caserma della Guardia di finanza: quella di Como, in piazza del Popolo (già piazza dell’Impero), disegnata dal grande Giuseppe Terragni. Una visita che vale la pena di una verifica fiscale.

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