Storia di Monica, uccisa per un Cd

Storia di Monica, uccisa per un Cd

Maria Vittoria Cascino

da Carasco

«La filodiffusione s’interrompe. Non è il solito cambio di stazione. Un tempo lunghissimo. E la sensazione che sia successo qualcosa di grave». Anna ti guarda fissa, parla lentamente. Era all’Ipercoop quando lo slavo ha accoltellato e ucciso Monica Mari, l’addetta alla sicurezza che l’aveva sorpreso a rubare un cd. Sulla musica l’appello: un medico che si presenti subito al punto d’ascolto. Nient’altro. Gli addetti ai lavori trattengono il fiato. I clienti si muovono in un tempo surreale. Giulio raggiunge in fretta l’auto: «Hanno chiuso l’accesso al supermercato, ma dentro non ci siamo accorti di nulla. Solo quelle persone a semicerchio intorno al punto d’ascolto».
Chi se la dimentica Monica, che non solo era una bella ragazza, era pure simpatica, sempre gentile, sempre disponibile racconta chi lavorava con lei. Capelli lunghi neri, ricci. Alta un metro e sessantacinque, sempre ben vestita, abiti sportivi, impeccabile. Aveva il piercing al naso, ma era l’unica «trasgressione» che si era concessa, perché il suo lavoro doveva piacerle molto, se lo faceva con tanta serietà. Ieri uno slavo l’ha accoltellata.
All’Ipercoop rabbia e sgomento. Al bar Francesco e Claudio appoggiati al bancone parlano sottovoce. Fanno fatica a staccarsi da lì. Hanno intravisto la ragazza a terra, i soccorritori. «Hanno detto che era solo svenuta. Ma i sensi non li ha più ripresi. Seduto per terra c’era il collega ferito al collo».Parlano a fatica. Antonia è sulla porta, le braccia stringono la borsa. «Sono quasi più tranquilla se resto qui dentro» dice in dialetto, perché fuori c’è l’assassino, c’è il mondo di chi vuole sapere. Le strade bloccate. Carabinieri e polizia che controllano e indirizzano e l’elicottero che batte forte l’aria. Ci sono le transenne alla zona bagni e ascensore. Antonia ha paura a uscire. La direzione aspetta gli ultimi clienti che rallentano, realizzano e accelerano. Pudore e paura. Silenzio tombale.

«Quante volte ho mostrato il pass a quella povera ragazza - balbetta Laura, che lì ci lavora -. Anche oggi l’ho fatto. La sua collega mi ha detto che ormai non c’era più bisogno di niente. Ormai era già successo tutto».

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