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Strage nello chalet, due morti e un ferito

L’assassino si era separato da due mesi. I parenti: «Era depresso»

Andrea Acquarone

Anche ieri fioccava. Ma non c’era bisogno che la neve attutisse l’eco sorda degli spari. Nessuno avrebbe potuto sentirli. Spaventarsi.
Melignon di Rhêmes Saint Georges, una manciata di case spruzzate nel parco del Gran Paradiso, d’inverno è poco più di un paese fantasma. Ci abita una famiglia su questi pendii vicini ad Aosta: una pittrice solitaria con suo marito. Il loro è l’unico camino che fuma.
L’agriturismo vicino, invece, vive solo d’estate, quando i turisti con zuava e alpenstock scorrazzano colorando la valle. Sei, sette colpi, ieri pomeriggio, hanno rotto l’incantesimo. Come un frullar di ali agitate. Gli uccelli, loro per primi, avevano percepito la tragedia. Richiamando due guardacaccia. La tragedia si era compiuta. Due cadaveri e una donna ferita gravemente.
Ecco il bilancio dell’ennesimo massacro famigliare. Severino Pont, 60 anni, ex operaio a Cogne ed ex guardaparco, residente a Nus, aveva appena finito di uccidere. Prima aveva sparato ad Anita Cachoz, 55 anni, la sua ex cognata, poi al nipote di lei Felice Cachoz, di 31 anni, agricoltore di Saint Pierre. La donna, ora è in prognosi riservata, ma i medici dicono che se la caverà. Il giovane è morto, centrato da un paio di colpi calibro 22 in una stanza-magazzino dove si conservano salumi e formaggi. D’inverno non abitavano a Rhêmes, probabilmente avevano un appuntamento con l’assassino. Severino Pont a questo punto si è diretto verso l’agriturismo Edelweiss. Quello di proprietà di sua moglie Franca, dalla quale vive separato da un paio di mesi, ma forse anche l’oggetto del contendere. Qui l’assassino è salito in una stanza al primo piano e ha impugnato ancora un’arma, stavolta una calibro 7.65, puntandola contro se stesso. Un colpo alle tempia, letale.
A dare l'allarme sono stati due guardaparco che stavano controllando la zona. Coordinati dal pm Luca Ceccanti, sul posto sono giunti i carabinieri di Aosta. Prima hanno trovato il corpo di Felice Cachoz ((oggi avrebbe compiuto 32 anni). La zia Anita, non lontano, invece respirava ancora: è stata trasportata con tre proiettili conficcati nella spalla e uno nell’inguine nell’ospedale del capoluogo e qui sottoposta ad intervento chirurgico.
Ci sarebbero del denaro, degli impegni non rispettati dopo la separazione, dietro questa esplosione di follia. Almeno così ipotizzano gli investigatori dopo aver ascoltato i parenti di vittime ed assassino. Severino Pont pochi mesi fa aveva disinvestito dei soldi in banca, sembra con l'intenzione di investirli nel mattone. Un progetto sfumato in seguito all’addio della donna.
«Soffriva molto per il fatto che la moglie se n'era andata di casa con le due figlie - spiegano alcuni famigliari- e ultimamente era apparso esaurito e depresso».


Da alcuni giorni Pont era tornato nell’agriturismo e nel primo pomeriggio ha incontrato Felice Cachoz, il nipote acquisito. Ne sarebbe nata una discussione accesa. Si parlava di soldi, di investimenti immobiliari di cui evidentemente la famiglia dell’ex moglie non voleva più saperne. Sono volate parole grosse, minacce. Stavolta erano vere.

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