Le parole sono pietre. Anzi macigni, pronti a piombare come una valanga sul mondo politico italiano, e con ogni probabilità sul suo leader, il Cavaliere. Parole criptiche, quelle usate dalle toghe che a Caltanissetta, in Sicilia, indagano sulle stragi del ’92. Parole criptiche sì, ma al tempo stesso chiare. Ecco cosa hanno detto il procuratore capo, Sergio Lari, e il suo aggiunto, Nico Gozzo, ex pm del processo al senatore Marcello Dell’Utri: «Siamo a un passo dalla verità sulla strage di via D’Amelio. Una verità clamorosa di cui la politica potrebbe non reggere il peso».
Et voilà, la bomba è esplosa. I due magistrati sono stati sentiti a Palermo dalla Commissione parlamentare antimafia. Il presidente della commissione, Beppe Pisanu, ha smentito con una nota la rivelazione, dichiarando che «nega decisamente che i magistrati di Caltanissetta abbiano dichiarato di essere a un passo dalla verità sulla strage di via D’Amelio e che la politica non sarebbe in grado di reggere il peso di tale verità». Le audizioni sono state secretate. Ma Lari e Gozzo, quelle dichiarazioni, le hanno fatte prima di essere ascoltati dalla commissione.
Più chiaro Gozzo. Ai cronisti che gli chiedevano se si sia mai stati così vicini a raggiungere la verità sulle stragi ha risposto: «Mai a questo livello». E poi ha chiosato: «La magistratura sarà capace di reggere le verità che stanno emergendo sulle stragi e anche lo Stato sarà in grado di sostenerle. Non so, invece, se altrettanto saprà fare la politica, se c’è una politica in grado di raccogliere questa verità». In serata ha precisato: «Ho auspicato la politica sarà al nostro fianco nella difficile ricerca della verità». Gli ha fatto eco il procuratore Lari: «Sembrerebbe proprio che non sia stata solo la mafia a volere la strage di via D’Amelio». Quindi, rimarcato che le indagini sono a un «momento cruciale», Lari ha aggiunto, sulla trattativa Stato-mafia, che dalle indagini emergerebbe il ruolo di «soggetti che, pur appartenendo alle istituzioni statali, hanno tradito al dovere di fedeltà delle istituzioni, quindi sono dei traditori. È certo che ci fu un depistaggio colossale». E anche un colossale flop da parte di chi investigò, dei giudici che giudicarono, ci sarebbe da aggiungere. Ma per Lari l’aver scoperto che i processi sulla strage di via D’Amelio sono da rifare è un successo: «La rilevanza di queste nuove indagini - ha detto ancora - è avere fatto luce su un depistaggio colossale e su un’indagine campata in aria che ha portato alle sentenze passate in giudicato per i processi Borsellino 1 e 2. Fare giustizia verso chi ha subito queste condanne immeritate è un successo per lo Stato».
Per capire occorre fare un passo indietro. E ricordare che i processi per la strage di via D’Amelio devono essere rifatti da zero, la richiesta di revisione arriverà entro fine mese. Il motivo? Si è dato credito al pentito Vincenzo Scarantino, piccolo malavitoso di nessun conto (imbeccato, è il sospetto, per ordine del superpoliziotto al soldo del Sisde Arnaldo La Barbera, ormai defunto, ndr), e sulla base delle sue dichiarazioni sono stati costruiti teoremi. E condanne. Poi è arrivato Gaspare Spatuzza. Che ha raccontato, con dettagli, di avere partecipato alle fasi preparatorie di quell’eccidio. E qui è saltato tutto. Ma non solo. Qui è anche cominciato tutto, perché Spatuzza, oltre che della strage, parla anche di presunti rapporti tra i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Brancaccio e il senatore Pdl. Ed è per questa via che, c’è da scommetterci, si tenterà il lancio del macigno al Cav.
Spatuzza, i pm di Caltanissetta, se lo tengono ben stretto. «Spatuzza - ha assicurato Gozzo - ha deciso di proseguire il suo percorso di collaborazione» anche dopo il no al programma di protezione. Scettici, invece, i pm nisseni, su Massimo Ciancimino: «Le sue dichiarazioni -ha detto Lari - interessano solo marginalmente la strage di via D’Amelio.
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