da Roma
«Quello che dovevamo fare lo abbiamo fatto e continueremo seriamente a vigilare e a fare in modo che questi atti non si ripetano più», prometteva Romano Prodi. Giovanna Reggiani combatteva ancora nel coma vegliata dal marito Giovanni, lassassino romeno Nicolae Mailat negava laggressione nel carcere Regina Coeli di Roma: «Non ho violentato quella donna», diceva, e nessuno, non soltanto il gip, poteva credergli. Il presidente del consiglio Prodi, con il governo, rassicurava: mai più aggressioni del genere, barbarie di rom disperati. «Mai più», aveva chiesto anche il capitano di Marina Gumiero alle autorità che gli stringevano le mani, nei corridoi dellagonia, allospedale SantAndrea.
Il Consiglio dei ministri fu convocato in via straordinaria alle 19.30 del 31 ottobre, un giorno dopo laggressione di Tor di Quinto. Il decreto sulle espulsioni sui cittadini comunitari ritenuti pericolosi fu pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 novembre. Si parlò di centinaia di «rom» da far rimpatriare: il decreto prevedeva che tutti i cittadini Ue definiti a rischio per la sicurezza pubblica e sospettati di compromettere «la dignità umana» e i «diritti fondamentali delle persone» fossero espulsi direttamente dai prefetti, decentralizzando così un lavoro del Viminale.
Il decreto era unaccelerazione, nata dallemergenza, di un disegno di legge di Giuliano Amato già esaminato a palazzo Chigi con i pareri negativi dei ministri Ferrero, Mussi e Pecoraro Scanio. Ma tutti i ministri nellora della commozione dissero «sì», è giusto, si proceda con le espulsioni.
Molti rom scapparono da soli dai campi per sfuggire a quella che doveva sembrare una rappresaglia. Si parlò anche di lunghe liste che le principali questure stavano redigendo per applicare subito gli articoli del decreto. Soltanto poi, lentamente, iniziarono le critiche: da Rifondazione principalmente. Spuntò la parola «deportazioni», mentre addirittura il ministro Parisi avvertiva: «Il Pd non sia la destra della sinistra». «Roma chiede giustizia, non vendetta», chiariva invece, da sindaco, Veltroni, sostenitore di quel decreto.
Il risultato di tutta loperazione partita dal feroce omicidio feroce si conta ora con il pallottoliere: il decreto sulle espulsioni è decaduto e in questi quattro mesi i rom effettivamente espulsi «sono stati nellordine di poche decine, davvero poche», assicura Alfredo Mantovano di Alleanza Nazionale, esperto di immigrazione e già sottosegretario allInterno nel governo Berlusconi. I dati più ufficiali parlano di sei espulsioni effettive a Milano, di cui soltanto tre per effetto del decreto Amato (mentre altre tre sono state rimpatriate in applicazione della direttiva Ue).
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