Sulle panchine scoppia la «guardiolite»

La rivoluzione parte dalla panchina. E si presenta sotto forma di rivoluzione culturale perché si passa dai santoni del mestiere, Claudio Ranieri della Roma, Rafa Benitez dell’Inter, Delio Rossi del Palermo, a dei semidebuttanti che sono in qualche modo riconducibili al «guardiolismo». È la nuova tendenza del calcio italiano, consacrata da scelte a sorpresa, inseguimenti decisi e coraggiosi cambi di direzione che sono quantificati nella tabella qui a fianco. Il 50 per cento della Serie A si appresta a cambiare condottiero e lo fa sulla base di tre parametri molti precisi: 1) gioventù dell’allenatore; 2) novità delle sue idee; 3) riduzione dello stipendio.
Come si capisce al volo, nella fattispecie si combinano i due fattori che animano la sessione di calciomercato: cambiare volti, rinnovare, magari anche rivoluzionare, ma senza appesantire il bilancio.
Il valzer delle panchine non è legato allo status dei club né ai risultati recentissimi acquisiti sul campo. Certo, il Milan con Allegri e lo scudetto sul petto non può che confermare il livornese. Al pari dell’Inter che ha chiuso la stagione con la Coppa Italia, puntello di cemento armato della posizione di Leonardo, arrivato a gennaio. Ma sono gli altri, tutti gli altri, dalla Juve al Palermo, dal Genoa al Cesena, dal Chievo alla Roma, a intraprendere questo percorso fatto di rinnovamento e anche di qualche rischio.
Su tutto spicca, naturalmente, la decisione della Juventus, che ha alle spalle qualche fallimento di troppo e dinanzi agli occhi la necessità di centrare qualche risultato per non deprimere ulteriormente il gran popolo dei suoi tifosi. Antonio Conte è riuscito a spuntarla allo sprint su Walter Mazzarri e a ricongiungere la propria carriera di giovane allenatore allo storico sodalizio bianconero. Fu capitano della Juve di Lippi, un capitano esemplare, capace di spingere i suoi, senza essere dotato di un particolare talento tecnico-tattico, verso successi a ripetizione.
L’altro personaggio simbolico di questa rivoluzione arriva dalla capitale del calcio spagnolo e mondiale, dalla Cantera del Barcellona: trattasi di Luis Enrique, noto fino a qualche tempo fa, per una banale carriera nel Barça dei suoi tempi, e per il famoso incidente mondiale con Tassotti durante Usa ’94 (gomitata dell’azzurro punita con 8 turni di squalifica). Lo hanno pescato laggiù due addetti ai lavori da seguire con particolare attenzione, perché a detta di tutti competenti e coraggiosi: Franco Baldini e Walter Sabatini, uno proveniente dalla nazionale inglese a fianco di Capello, l’altro dalla burrascosa esperienza palermitana con Zamparini. Luis Enrique ha alle spalle la conduzione del Barcellona 2, eppure è in grado di suscitare grandi aspettative. Si misurerà con il più classico degli schemi zemaniani, il 4-3-3, e dovrà fare in fretta a decifrare le insidie e le trappole del campionato italiano. Per dirla tuta: è un’autentica scommessa.
Cambiare allenatore, per Zamparini, è come cambiare cravatta: una al giorno o quasi. È capace di qualsiasi capriola, di partire con Delio Rossi, di liquidarlo per passare a Cosmi, di tornare indietro e di riprendere Rossi e alla fine di puntare su un giovanotto di belle speranze come Stefano Pioli, reduce dalla prodigiosa salvezza con il Chievo. Resisterà il nostro alle poderose ganasce di Zamparini? È l’altra delle strepitose curiosità che ci intrigano.
Anche la provincia ha la fregola di cambiare e rinnovarsi, di provare nuove esperienze.

Persino quei club reduci da risultati miracolosi (la salvezza di Cesena e Lecce) sono contaminati dallo stesso virus. E passare da Ficcadenti a Giampaolo, oppure come nel caso di Catania dall’esperto Simeone al semidebuttante Montella, dev’essere proprio un bel balzo nel futuro.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica