«Il suo cruccio? il Pirellone»

(...) quando gli accordi interni che aveva stretto con i sindacati vennero attaccati. Io fui tra i pochi a lodarlo perché a mio modo di vedere aveva fatto uno sforzo di progressismo apprezzabile. Bisogna ricordare che lui era un conservatore, seppur illuminato... Con le contestazioni operaie la sua linea progressista venne travolta dall’oltranzismo sindacale e Leopoldo divenne ancora più triste e cupo. E il periodo in cui eravamo non lo aiutò di certo».
Il «colpo di grazia» fu quando la Pirelli dovette cedere il grattacielo alla Regione. Il grattacielo in cemento armato era forse il simbolo cui l’imprenditore varesino teneva di più. «Io - continua Bassetti, allora presidente della Lombardia - cercai di convincerlo che la Regione era un acquirente prestigioso, ma lui non si dava pace, voleva conservare almeno l’ultimo piano». Era raro vederlo sorridere e ancora più scherzare, parlava quasi sempre di lavoro, amava la Scala, conduceva la vita dei borghesi milanesi del tempo, non aveva passioni particolari, al di fuori della Pirelli.


«Ricordo che mi fu molto grato quando, come Regione, risollevai l’Ispi (l’Istituto per gli Studi di politica internazionale, fondato dal Alberto Pirelli nel ’33, ndr), perchè lui non era in grado di farlo. L’Ispi rappresentava per Leopoldo il lascito morale del padre. Forse il contributo culturale più importante che i Pirelli hanno lasciato a Milano».

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