Scusate il ritardo, potrebbe dire Peter Fill, atteso ai Mondiali di due anni fa come sicuro protagonista in tre gare e tornato a casa dalla Svezia con la miseria di un 11° posto in discesa e un 14° in superG. Potrebbe dirlo, ma non lo dirà, no, perché lui è un tipo che non guarda indietro. Così, è già sicuro che non si cullerà sulla medaglia d'argento vinta ieri nel superG che ha aperto il mondiale maschile, una prova di coraggio, forza e bravura che ha premiato il più vecchio vincitore di un oro mondiale, Didier Cuche (34 anni e mezzo contro i 33 di Eberharter nel 2003), regale dalla prima all'ultima porta e dominatore assoluto di una giornata che ha offerto ben poche sorprese. Al terzo posto, bronzo, Aksel Lund Svindal, staccato di 3/100 da Fill e per soli 5/100 davanti a Christof Innerhofer, che a lungo ha sperato di restare sul podio ma che alla fine si è ritrovato con al collo la medaglia di legno, bravissimo ma primo di quelli che in un mondiale non contano niente.
Come previsto, la gara è stata spettacolare, il tracciato dell'allenatore italiano Gianluca Rulfi ha seguito perfettamente la conformazione della pista, che presentava ben tre tipi di neve diversa: ventata in alto, compatta al centro e ghiacciata in fondo. Pochi giorni fa avevo scritto che gli italiani avrebbero potuto essere protagonisti di questi mondiali a patto di trovare neve dura, che alla quota di Val d'Isère (attorno ai 2000 m) è un'utopia. Per fortuna ci ha pensato il vento a rendere il terreno liscio come una pista da pattinaggio, situazione che non perdona chi non ha una tecnica e una condizione fisica più che perfette. Doti che ai nostri non mancano: infatti, oltre alla fantastica medaglia di Fill e al quarto posto di Inner, gli altri 3 al via sono finiti fra il 14° posto di Heel e il 17° del campione uscente Staudacher (fra i due Thanei, 15°). Nessuna squadra ha fatto meglio. Molti big hanno faticato, quindi fallito: da Miller, due volte sdraiato sulla neve e 12° alla fine a oltre due secondi da Cuche, a Maier, 18°, mai in gara.
Didier Cuche, l'eterno piazzato, collezionista di quarti e quinti posti ai Mondiali e in 12 anni di carriera da protagonista mai vincitore di un oro (argento in superG ai Giochi di Nagano '98 e bronzo in gigante ai mondiali di Aare '07), "solo" otto volte primo in coppa del mondo (zero in questa stagione), si è preso la più bella delle rivincite con una discesa che ha fatto sembrare piatta la Face de Bellevarde e dei poveretti gli avversari che lottavano per stare in piedi. Quando è sceso lui sembrava che la neve fosse all'improvviso diventata burro e che le porte fossero state tolte: lo svizzero ha lasciato a 99/100 Peter Fill, bravissimo, sulla pista già segnata dal passaggio di 25 concorrenti, a sciare in modo pulito e fluido, senza strafare e senza sbagliare, con solo un po' di affanno nel finale dove però ha lasciato correre gli sci, ciò che invece non è riuscito a fare Innerhofer, in balia della velocità e delle porte che gli venivano addosso.
L'urlo che Peter ha lanciato quando ha visto il suo tempo ha riempito la valle, dopo pochi secondi però il solido uomo di Castelrotto aveva riacquistato la calma che lo contraddistingue. Le prime parole ai microfoni della Rai sono state belle, piene di umanità: «Sono contento di essere davanti a un campione come Svindal, molto meno di aver fatto scivolare Inner giù dal podio, è un amico (e compagno di stanza, ndr) e sarebbe stato bellissimo salirci assieme, ma in discesa potrà rifarsi, lo spero davvero». Peter Fill, che non vuole essere chiamato campione: «Campione è uno che ha vinto almeno dieci gare importanti, io sono solo un bravo sciatore oggi fortunato per aver preso la medaglia e anche felice perché ce l'ho fatta davanti a mio padre, che di solito mi vedeva sempre andare male, stavolta invece potremo fare festa assieme».
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