Ha vinto Svindal, per due punti. A Raich ieri sarebbe bastato arrivare, ma in slalom partire per arrivare non si può, Benni ha attaccato, come doveva, stava andando forte, ma un palo blu lo aspettava al varco: questione di millimetri, la punta dello sci che scarta verso sinistra, inforca l'ostacolo, sullo slancio Benni fa ancora una porta e si ferma. È finita. Aksel Lund Svindal ringrazia e vince la sua seconda coppa del mondo assoluta dopo quella del 2007 e soprattutto dopo l'infortunio gravissimo della scorsa stagione. Dopo cinque mesi e 36 gare la grande sfera di cristallo va al norvegese che nel gran finale di Are ha vinto la discesa, è stato secondo in SuperG con la febbre a 39°, è crollato in gigante e ha fatto tre porte in slalom.
Era difficile tifare per l'uno o per l'altro, in una stagione in cui nessuno ha brillato per continuità sarebbe stato il massimo festeggiare due vincitori, ma in coppa del mondo questo non è possibile. Svindal merita la vittoria per come ha saputo recuperare dopo l'infortunio e per come ha reagito a un mese di gennaio disastroso; Raich l'avrebbe meritata per la saggezza con cui ha gestito la lunga stagione, per la capacità di vincere in gigante e in supercombinata, di arrivare nei 15 nella discesa di Kitzbuehel e soprattutto 4° nel superG finale di giovedì. A tradire l'austriaco è stato lo slalom, quello di ieri, ma non solo: su dieci gare Benni è arrivato in sei (e solo una volta sul podio come terzo), troppo poche per uno specialista come lui che sempre in slalom ha sbagliato troppo anche nelle gare di supercombinata, lasciando per strada troppi punti importanti. «In questo momento mi sento vuoto, tutta la tensione degli ultimi mesi è svanita in un centesimo, sapevo che poteva succedere, lo slalom è così e non me la prendo, ho attaccato, avevo il numero 1 e dovevo approfittarne, non potevo semplicemente partire per arrivare» ha detto a caldo l'austriaco, vero numero uno per fair play, per educazione e disponibilità, sempre, anche nei momenti più neri. Non da meno è Svindal, che se le cose fossero andate diversamente si sarebbe comportato nello stesso modo. Ieri però ha avuto ben poco di cui lamentarsi, la sua esultanza però è stata pacata, per evidente rispetto dell'avversario che è andato ko da solo.
Parlando di italiani, terzi nella classifica finale a squadre dietro ad Austria e Svizzera, la giornata finale è stata meno festosa di quella di un anno fa, quando Denise Karbon e Manfred Moelgg festeggiarono assieme la conquista della coppa del mondo.
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