Roma - Silvio Berlusconi lo ha detto chiaramente. «Le proposte di Montezemolo sono ovvie visto che sono identiche alle nostre», ha dichiarato in un’intervista alla Stampa. Il Sole 24 Ore, esegeta de iure del pensiero confindustriale, lo ha ribadito: «Montezemolo non è andato oltre una chiamata collegiale a un nuovo senso di responsabilità». Quindi, nessuna discesa in campo ma solo un monito alla politica. Vale la pena tuttavia evidenziare alcune analogie, tanto formali quanto sostanziali, tra le proposte del leader della Cdl e quelle del numero uno di Viale dell’Astronomia.
L’antipolitica. «La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi», disse Berlusconi nel suo discorso del 26 gennaio 1994, quello della “discesa”. Giovedì scorso Montezemolo ha ricordato che «una parte importante della classe politica italiana teme il cambiamento». Entrambi, sebbene in tempi diversi, si sono proposti come un’alternativa al dirigismo dei professionisti del Palazzo.
Sinistra comunista. «Le nostre sinistre pretendono di essere cambiate. Dicono di essere diventate liberaldemocratiche. Ma non è vero. Non credono nel mercato, non credono nell’individuo». Berlusconi nel ’94 doveva affrontare la «gioiosa macchina da guerra» occhettiana. Ma il presidente di Viale dell’Astronomia, da un altro pulpito, ha ugualmente individuato nella sinistra radicale un ostacolo allo sviluppo. «È caduto il muro di Berlino ma in Italia non è scomparsa la tentazione di prendersela con l’impresa, alimentata da un clima di ostilità di alcuni settori della politica», ha argomentato il presidente degli imprenditori.
Il sogno. Le istanze di cambiamento della società sono state evocate dai due leader con un’unica parola, «sogno». Ovvero prefigurando la possibilità di trasformare in meglio una realtà difficile. «È possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un’Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno, più prospera e serena, più moderna ed efficiente», affermò il Cavaliere nel ’94. «La gente sogna di vivere in un Paese migliore, più prospero, più giusto e più funzionante, proiettato nel futuro», ha argomentato Montezemolo. Prosperità e giustizia sociale sono due punti cardine ai quali si affianca la cultura dell’impresa intesa come valore.
Decaloghi. La comunanza dei principi si traduce in proposte che, a prima vista, sembrano convergere. I dieci punti del programma della Cdl per le politiche 2006 e il «decalogo» montezemoliano presentato all’assemblea di Confindustria si somigliano parecchio. Il centrodestra l’anno scorso ovviamente non poteva parlare di riforme costituzionali avendole appena approvate: premierato forte, federalismo fiscale e separazione delle competenze delle Camere erano nella legge Calderoli poi bocciata dal referendum. «Occorre un vero “patto di stabilità” fra Stato e regioni sul modello di quello esistente tra l’Europa e gli Stati membri», ha invocato Montezemolo. Si tratta del punto 5 del programma della Cdl. La riduzione dei costi della politica, stimati intorno ai 4 miliardi di euro, è una delle promesse del centrodestra che si proponeva, se richiamato al governo, di proseguire «l’azione di contrasto ai privilegi, ai favoritismi e agli sprechi». Allo stesso modo, l’attenzione alla famiglia, alla sicurezza dei cittadini e alla realizzazione delle infrastrutture sono da sempre una delle bandiere dello schieramento moderato. Idem per il sostegno alla ricerca.
Fisco e lavoro. «Paghiamo troppe tasse per alimentare la spesa corrente e gli interessi sul debito», ha denunciato il presidente di Confindustria proponendo una serie di soluzioni.
Che si ritrovano quasi tutte al punto 3 del programma della Cdl: detassazione integrale degli straordinari, progressiva riduzione dell’Irap e misure per l’attrazione degli investimenti esteri. La difesa della legge Biagi per la Cdl era ovviamente scontata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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