Il teatrino dei furbetti: fanno saltare il concerto e vogliono essere pagati

MilanoÈ successo di tutto alla Scala. E non solo sul palcoscenico. Alla seconda dell’Aida (per fortuna non era la prima) il tenore Roberto Alagna lasciò l’opera a metà per protestare contro i fischi e gli spettatori si ritrovarono a guardare il sostituto Radames in jeans. Gli artisti hanno vezzi e imprevedibilità e un po’ fanno parte dello spettacolo, perché a chi è bravo - si sa - viene perdonato molto di più che agli altri.
Succede ai cantanti, ma anche a musicisti e coristi, che da sempre tengono in scacco il teatro con agitazioni, minacce di sciopero e serrate programmate con cura nei momenti in cui la lirica, da passione riservata a pochi, diventa oggetto di attenzione nazionale. Come a sant’Ambrogio: a memoria d’uomo, non c’è stato anno in cui il rischio dello sciopero non mantenesse alta la tensione fino alla vigilia del 7 dicembre. Nel 2005 sono riusciti nell’impossibile, cioè costringere alle dimissioni due sovrintendenti di fila e il maestro Riccardo Muti: nel braccio di ferro con loro ha perso lui.
Adesso è tempo di tournée, che significano impegni presi con altri teatri, altri pubblici, altre istituzioni, ma il teatro è in agitazione per la legge Bondi sulle fondazioni liriche e inoltre per dopodomani è fissato un incontro il sindaco di Milano, Letizia Moratti, che dà un’altra ribalta politica alla trattativa. Per farla breve, sono tornati gli scioperi. Con una variante che ha fatto imbufalire persino il sovrintendente Stéphane Lissner, solitamente disponibile a trattare: i sindacati hanno ritirato lo sciopero dopo l’ultima data limite possibile per organizzare la tournée. Ovvero, chiedono il pagamento delle prestazioni anche se il concerto non si può più fare proprio a causa dello sciopero che era stato proclamato. Complicato persino da capire.
A scatenare la guerriglia la decisione di Lissner di non pagare le prove, eseguite in vista del concerto che la Scala non farà a causa dello sciopero. I sindacati Cgil e Fials hanno reagito con una lettera in cui si parla di «serrata ritorsiva nei confronti dello sciopero e come tale sanzionabile ex articolo 28 dello Statuto dei lavoratori». Come ognun sa, dedicato alla repressione della condotta antisindacale. Insomma, un altro terremoto di cui a pagare il conto saranno gli spettatori, ma anche l’immagine della Scala nel resto d’Italia e nel mondo.
La tournée cancellata a Pompei prevedeva che le orchestre della Scala e del San Carlo di Napoli suonassero insieme e la defezione milanese ha scombinato i piani di tutti, a partire da coloro che avevano già comprato il biglietto. La protesta inarrestabile mette a grave rischio anche la trasferta a Buenos Aires, in programma dal 29 al 31 agosto per i duecento anni dello Stato argentino: un appuntamento tra l’istituzionale e il musicale con due rappresentazioni di Aida sotto forma di concerto. Lo sciopero è stato proclamato, Lissner ha messo un nuovo ultimatum e per domani è fissato un incontro per capire se si riuscirà a salvare la situazione e la trasferta argentina.
Lavoratori e sindacati sono spaccati. La frattura è talmente profonda che 58 coristi della Scala (su un totale di 105) hanno firmato un documento contro lo sciopero: ritengono illegittimo il voto che ha cancellato le trasferte e intendono chiedere i danni ai sindacati. Se si cancellano le due trasferte, tra prove e tournée vera e propria evaporerebbero molti soldi.
Cgil e Fials hanno sì ritirato lo sciopero, ma fuori tempo massimo e solo su Pompei, continuano la loro battaglia feroce contro la legge Bondi, che è una specie di manovra Tremonti della lirica con l’obiettivo di salvare i teatri in condizioni disastrate. La Scala, che è ente virtuoso, ha già ottenuto di essere salvata dai tagli, con una norma ad hoc che esclude dalle restrizioni gli enti con i conti in ordine. Poiché la Fondazione Scala (di cui è vicepresidente Bruno Ermolli, imprenditore, abituato a far di conto) chiude da cinque anni in pareggio o in attivo, l’allarme è scampato.

Né i dipendenti né gli stagionali rischiano il posto. Lissner si è tranquillizzato e molti orchestrali con lui, insieme a buona parte dei sindacati. Sulle barricate solo Cgil e Fials, ma bastano per paralizzare. E anche per far saltare i bilanci.

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