Roma - E se alla fine il Cav rovesciasse il tavolo? Se decidesse di puntare al voto? Allo stato, visto il clima degli ultimi giorni, un esito del genere sembra quasi impossibile. Ma, nella cerchia stretta del premier, c’è chi pensa davvero che il 28 settembre, quando si presenterà alla Camera, Silvio Berlusconi pronuncerà un discorso durissimo. Un elenco di «punti irrinunciabili», se si vuole rilanciare l’azione di governo e andare avanti fino al termine della legislatura. Un intervento da dentro o fuori, che si dovrebbe concludere con la richiesta di dimissioni di Gianfranco Fini da presidente dell’assemblea di Montecitorio. Più che un attacco, una vera dichiarazione di guerra al suo attuale principale avversario.
Fantapolitica? La speranza di qualche irriducibile falco? Tirano venti di pace, eppure, tra gli uomini del Cavaliere, gira la voce che il presidente del Consiglio preferisca correre il rischio delle urne piuttosto che quello di farsi spadellare a fuoco lento. Questa ipotesi cozza con i segnali e le dichiarazioni delle ultime settimane ma potrebbe trovare una conferma indiretta dalle difficoltà che incontra a formarsi il «gruppo di responsabilità» e dalle parole di Umberto Bossi agganciato dai cronisti in Transatlantico. «I venti deputati? Se lo dice Berlusconi... Certo, la via è molto stretta, speriamo di no, non vorrei che poi si debba andare tutti i giorni a chiedere il voto a loro».
Insomma, il leader della Lega la vede ancora nera. «Il governo va avanti, se lo dice Silvio. Le elezioni anticipate? È sempre preferibile fare delle cose serie. Resto convinto che è meglio andare alle urne, così si evita di restare nel pantano, rischio che c’è sempre. Vediamo adesso la capacità di Berlusconi di trovare i numeri. Io non so se ci sono». Quanto a Fini, il Senatùr gli augura «ogni bene». «Lui ha avuto un casino con la famiglia - dice -. Sono i peggiori da assorbire. Spero che possa essere tranquillo e fare le scelte migliori».
Più ottimista Maurizio Gasparri. «Il tema al centro del dibattito politico - spiega il capogruppo del Pdl al Senato - è il consolidamento e semmai l’allargamento dell’area del centrodestra a quelle forze che già condividono con noi temi e valori di fondo». E non si tratta, sostiene, di un mercato delle vacche: «Nessun trasformismo, nessun tradimento ma semplicemente la conferma di un sostegno da parte di chi è già stato eletto grazie al Pdl o comunque in alleanza con noi. Alcuni di questi esponenti politici hanno fatto gruppo a sé, come i Liberaldemocratici o Noi Sud, ma hanno sempre fatto parte del centrodestra. E sulle grandi questioni hanno sempre appoggiato il governo».
Per Fabrizio Cicchitto i «responsabili» non sono dei transfughi ma dei parlamentari che vogliono sostenere Palazzo Chigi «in nome della stabilità». Del resto, secondo il presidente dei deputati Pdl, questa è l’unica via per evitare di interrompere la legislatura. «La situazione è già arrivata al limite. Il ricorso alle urne sarebbe inevitabile qualora l’esecutivo Berlusconi non avesse la maggioranza, perché nessuno può pensare di mettere in piedi un governo tecnico contro il Popolo della libertà e la Lega messi all’opposizione».
Intanto le polveri si riaccendono per la decisione del collegio dei probiviri del Pdl di far partire le lettere di deferimento nei confronti dei finiani Bocchino, Briguglio e Granata. Ma i tre sono ormai degli ex. «Ci interessa molto poco», commenta il capogruppo di Fli. E Briguglio dice di aver avuto «un attacco di atarassia».
La partita più importante si giocherà però sulla giustizia. In Senato un’ora di vertice del Pdl sul lodo Alfano: i finiani però vogliono affrontarlo solo dopo il discorso di Berlusconi alla Camera. «Passerà - prevede Bossi - Fini su questo non si metterà di traverso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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