Tumori

"La terapia Di Bella? Andiamoci piano con l'entusiasmo..."

Franco Berrino, epidemiologo dell'istituto dei tumori di Milano, cita uno studio del 1999 che non dimostrò una miglior sopravvivenza nei pazienti trattatti con il metodo Di Bella.

Franco Berrino, epidemiologo. Lavora all’istituto dei tumori di Milano dal 1975 dove è impegnato in vari progetti di ricerca e di prevenzione: dal registro dei tumori lombardo, agli studi Diana per le donne colpite dal cancro al seno. Fra i suoi impegni la divulgazione dei principi della sana alimentazione, che fa attraverso conferenze e corsi di cucina aperti al pubblico e, a Cascina Rosa (il dipartimento di Medicina preventiva e predittiva dell’istituto), alle donne che hanno avuto un carcinoma mammario.

Professor Berrino cosa pensa della cura Di Bella?
“Dico di andarci piano con l’entusiasmo. Anche il professor Luigi Di Bella probabilmente si illudeva che molti suoi pazienti fossero guariti, quando invece erano morti”.

A quali si riferisce?
“A quelli citati nello studio condotto dall’epidemiologa Eva Buiatti. La studiosa analizzò le cartelle cliniche dei pazienti del professor Luigi Di Bella, dal ’71 al ’98, confrontò la loro storia con i dati dei registri dei tumori nazionali e dimostrò che la terapia Di Bella non garantiva miglior sopravvivenza”.

Lo studio è apparso su Cancer n° 86 del 15 novembre 1999 pag. 2142, Buiatti è partita da 10mila cartelle prese dallo studio di Di Bella, ha scartato i pazienti che non avevano un tumore, quelli che vivevano in una regione senza registro nazionale dei tumori, quelli di cui non si era certi che si fossero curati con la Di Bella, si è arrivati a 248 cartelle cliniche di altrettanti pazienti. Di questi 196 erano morti, dei rimanenti sono state prese in considerazione 4 persone che avevano seguito soltanto la Di Bella perché le altre avevano fatto anche le cure tradizionali. Dopo due anni di questi 4 ne era rimasto vivo solo uno. Professore, non è un po’ poco basarsi su 4 pazienti?
“Ovviamente i pazienti andavano dal professor Di Bella dopo il fallimento delle terapie tradizionali, e comunque morivano ugualmente”.

Cosa pensa dei farmaci usati da Di Bella?
“Non sono competente per valutare l’insieme dei farmaci utilizzati. Troppi antiossidanti però potrebbero favorire la crescita tumorale, anziché inibirla. Ci sono studi che dimostrano che alte dosi di vitamina E aumentano la mortalità generale e possono favorire la comparsa del cancro alla prostata e eccessi di betacarotene non giovano a prevenire il tumore al polmone nei fumatori, anzi ne fanno aumentare l’incidenza, verosimilmente perché impediscono l’apoptosi (la morte programmata delle cellule)”.

Sull’uso della melatonina però lei è favorevole.
“Sì, è dimostrato che le donne che si ammalano di cancro al seno hanno bassi livelli di melatonina e che le donne che fanno lavori notturni rischiano di più di ammalarsi di tumore alla mammella”.

La somatostatina?
“So che è utilizzata per alcuni tumori”.

Per prevenire i tumori lei invita a seguire un’alimentazione che tenga sotto controllo i fattori di crescita, senza zuccheri, farine bianche, latte vaccino. In caso di cancro conclamato suggerisce di evitare il consumo di arance e di frutta ricca di poliammine, perché queste stimolano la crescita dei tessuti. Come giudica la terapia Di Bella che farmacologicamente (con somatostatina e non solo) attacca i tumori togliendo loro tutti i fattori di crescita?
“Sempre più studi indicano che livelli alti di fattori di crescita nel nostro ambiente interno favoriscono lo sviluppo del cancro e, in chi si è ammalato, la comparsa di metastasi. Noi lavoriamo con la dieta per riequilibrare il nostro ambiente interno, l’industria farmaceutica investe su molecole che riducono la sintesi dei fattori di crescita o ne ostacolano il funzionamento, purtroppo generalmente molto tossiche. Ben vengano ricerche su strategie di intervento a bassa tossicità”.

Sulle proprietà dei retinoidi? Umberto Veronesi ripete da diversi anni che la fenretinide, il derivato di sintesi dei retinoidi, è un efficace antitumorale.


“E’ una via di ricerca di grande interesse per la prevenzione del cancro mammario Non conosco studi che ne dimostrino una chiara utilità in terapia”.

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