Il test del Dna processa la giustizia americana: 180 innocenti in galera

Negli Usa dilaga il revisionismo giudiziario. Stupri, sequestri, delitti: gli esami genetici scagionano i condannati ingiustamente. Ma i magistrati accusano: «Anche la scienza non è infallibile»

Robert Clark fu accusato di sequestro. Stupro, anche. Era il 1981, una donna rapita e violentata ad Atlanta lo indicò come il suo aguzzino. Sicura: «È lui». Gli diedero l’ergastolo. Un anno fa è uscito: 25 anni di galera finiti in 15 minuti. Scagionato dal test del Dna che ha incastrato il vero aggressore. Clark non c’entrava. Condannato in un processo che non aveva garantito l’innocenza fino a prova contraria. Mancava la prova finale. Non è da solo: la giustizia americana si scopre debole, messa in crisi dalla scienza. Negli ultimi sedici anni 180 casi sono stati ribaltati: colpevoli che invece erano innocenti. Per tutti la fine dell’ingiustizia è arrivata grazie all’esame genetico, quello che dovrebbe essere lo strumento per condannare con certezza e invece si trasforma nello strumento per assolvere con ritardo.
Errori miliardari
Adesso l’America si chiede dove va. Una media di undici casi all’anno di sentenze ribaltate, di errori riparati, sono un colpo enorme alla credibilità del sistema giudiziario. Questi non sono film, non è neppure Csi, che con la caccia al Dna dei banditi risolve i casi più complicati. Questa è la realtà: decine di condannati vengono scarcerati dopo anni perché l’ultima prova conferma che polizia, procure, tribunali, giurie hanno fallito. Indagini fatte male, testimonianze poco attendibili, troppi processi in coda. Gli errori in serie hanno costi incalcolabili, umani e anche economici, perché poi scattano richieste d'indennizzi, e intaccano la fiducia dei cittadini nella giustizia. Per ognuno dei 180 incarcerati ingiustamente si calcolano risarcimenti tra i due e i dieci milioni di dollari.
L'ultimo episodio riguarda Marlon Pendleton, 49 anni, che stava scontando una condanna a vent'anni per avere violentato nel 1992 una donna che lo aveva riconosciuto fra i sospetti che la polizia aveva arrestato. Un giudice ha ora ordinato la scarcerazione di Pendleton, che s'era sempre proclamato innocente, dal Dixon Correctional Center dopo che il test del Dna ha provato la sua estraneità all'episodio. L'uomo dovrebbe presto uscire di prigione. Magistrati e investigatori hanno deciso di rivedere il suo caso, per capire quali errori siano stati commessi nelle indagini e nel giudizio. Meno di due mesi fa, il test del Dna aveva restituito la libertà a un nero di Dallas: Larry Fuller, 57 anni, un reduce della guerra del Vietnam, era uscito dal carcere grazie al gruppo Innocence Project, 25 anni dopo che era stato ingiustamente condannato per stupro. Solo a Dallas, negli ultimi cinque anni, i casi simili sono stati dieci. Tutti finiti con la scarcerazione. Fuller era stato condannato nel 1981 a 50 anni di prigione per avere stuprato una donna bianca, che, anche nel suo caso, come in quello di Pendleton, lo aveva erroneamente riconosciuto.
Vent’anni di test
Il Dipartimento alla Giustizia americano è spaventato. I casi di errori si moltiplicano e cominciano a venire fuori: 180 per ora, ma potrebbero essere molti di più. Secondo Innocence project teoricamente sono a rischio fallimento tutte le indagini fatte fino alla fine degli anni Novanta, quando le investigazioni scientifiche erano fatte con strumenti oggi considerati preistorici. Il problema è che i condannati che attendono la revisione del processo sono migliaia e tutti hanno chiesto il nuovo test del Dna per essere scagionati. È l’effetto domino e anche il contrappasso investigativo. Gli esami genetici nelle indagini sono cominciati nel 1984 e senza scienza sembra che la polizia non possa lavorare. I magistrati accusati di sbagliare, contrattaccano. Dicono che anche il Dna può sbagliare: «La scienza investigativa non è infallibile».
Una città sotto inchiesta
Oggi, però, l’uso del test del Dna è fondamentale. In tutto il mondo è considerato l’unico strumento in grado di stabilire chi, quando e come ha commesso un crimine.

L’America ha dilatato il concetto, fino alla conseguenza massima: l’anno scorso tutti gli uomini di Truro, una cittadina del Massachusetts, sono stati sottoposta agli esami genetici. Bisognava trovare il killer di una scrittrice massacrata nel 2002: 790 persone sotto inchiesta. Nessuno era il colpevole. Semplicemente perché l’assassino non abitava a Truro.

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