«THÉRÈSE DESQUEYROUX»

La terra, la famiglia, i matrimoni d’nteresse e il nido di vipere che sotto tutto ciò si nasconde. «Thérèse Desqueyroux» è il bel libro che negli anni Venti del Novecento François Mauriac dedicò a questo groviglio sociale e sentimentale, e che ora arriva sul grande schermo nel rifacimento di Claude Miller, il regista francese scomparso a film ultimato e che Cannes celebra a chiusura del Festival. Fra quelli tratti da romanzi, è l’unico che non faccia rimpiangere il testo originale, e inoltre non sfigura nemmeno rispetto alla riduzione che nel 1962 ne fece Georges Franjou. La ricostruzione d’epoca è perfetta, le psicologie ben disegnate, Audrey Tautou (Thérèse) e Gilles Lellouche (Bernard), convincenti.

Storia di un avvelenamento, «Thérèse Desqueyroux» racconta anche il lato oscuro femminile stretto fa intelligenza e voglia di indipendenza, e rispetto dei ruoli e delle convenienze. Thérèse è una donna troppo avanti rispetto al suo tempo, per potersi rassegnare a non avere un destino. Lo pagherà caro, ma si conquisterà il diritto alla propria libertà.

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