La Theodossiou «Cleopatra» forte e sublime

da Macerata

Forse la riesumazione di Cleopatra - la più nota fra le opere dell’ormai dimenticato operista Lauro Rossi - non farà gridare al capolavoro ritrovato. Di certo, l’allestimento offerto al Macerata Opera festival venerdì sera è stato degno d’un capolavoro assoluto, ottenendo il successo conseguente. E tutto solo in virtù di due nomi. Dimitra Theodossiou, e Pier Luigi Pizzi: sbalorditiva interprete e infallibile regista.
La storia è quella che conoscono tutti: amori e tradimenti fra la regina d’Egitto e il comandante romano. Un melodrammone ponderoso ma agile, montato in salsa «grand-opéra» con inattesa leggerezza, perizia strumentale e scarsa incisività melodica. Ma quel che strappa autentiche ovazioni al pubblico è la superlativa prova della protagonista: una Cleopatra con caschetto di capelli neri alla Louise Brooks, potente, espressiva, capace di sfoderare note alte da brivido. La Theodossiou rifulge da par suo all’interno di un allestimento firmato Pizzi esemplare per asciuttezza e fascino: la sontuosità eclatante del «grand-opéra» è infatti - per paradosso - sublimata da una essenzialità magistrale.

Scena fissa con scalinata e colonne in bianco e nero lucide, popolata da egizi magnificamente stilizzati in bianco e oro, e romani superbamente abbigliati in rosso e nero; regia attenta fino al minimo dettaglio all’eleganza estenuata delle pose di tutti, dal primo dei cantanti (da ricordare anche Alessandro Liberatore e Tiziana Carraro, per la direzione d’orchestra di David Crescenzi) all’ultimo dei coristi, fino a una resa complessiva di fascino superiore. Cosicché il tema della «seduzione», che lega fra loro i titoli in cartellone quest’anno, ben si addice - stavolta - più allo spettacolo che all’autore.

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