Kolkhoz, pianificazione, funzionari del Partito e, ovviamente, un radioso avvenire. Si può ricorrere a un vocabolario del genere e, allo stesso tempo, ballare, cantare e sorridere come se si fosse a Hollywood? Sì, per quanto possa sembr[NOTE]a[/NOTE] incredibile. Perché c'era un cinema sovietico che sotto la divisa del socialismo reale e delle urgenze ideologiche faceva palpitare un «sogno americano».
La commedia musicale, il musical e insomma la commedia tout court, ma di rigoroso stampo sovietico - quella di film come La combriccola allegra e La primavera di G. Aleksandrov, o Trattoristi e Alle sei di sera dopo la guerra di I. Pyr'ev - sono l'affascinante territorio in cui i milanesi si possono muovere alla Fondazione Prada fino al 4 febbraio.
Storia segreta del Cinema russo è infatti la rassegna realizzata in collaborazione con la Biennale cinema di Venezia, che vede la proiezione di dieci film (restaurati dalla Fondazione Prada) figli di una stagione remota e, per motivi storici, decisamente inquietante: gli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Sono, nella parabola dell'Urss, i decenni del dominio assoluto di Stalin, del Terrore e delle deportazioni. Eppure, muovendosi dalle pagine dei libri di storia a quelle della quotidianità e della produzione cinematografica «non impegnata», grazie a questo evento già proposto alla 63ª Mostra del cinema di Venezia è possibile venire a conoscenza di una realtà affascinante.
Esisteva - come affiora dalle storie dentro e fuori dal set, dal «divismo» di attrici rivali come Marina Ladynina e Ljubov' Orlova e dall'americanofilia anche un po' decadente di registi come Ivan Pyr'ev e Grigorij Aleksandrov - una Hollywood sovietica, palpitante e irrequieta all'ombra delle mura del Cremlino.
Una «Hollywood» cui veniva permessa qualche licenza purché non si esimesse dall'evocare, anche in storie leggere e sentimentali, i miti del comunismo vittorioso.
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