Toh, dopo Ruby i pentiti: Berlusconi stragista

Non ci mancavano che loro, i pentiti dell’ultima ora, i mafiosi buoni che si gettano il passato alle spalle e con un tempismo da gemelli del gol colgono l’attimo giusto e guadagnano una giornata di celebrità. I loro nomi sono Giovanni Ciaramitaro e Pasquale Di Filippo, ieri erano chiamati a deporre a Firenze nell’udienza del processo sulle stragi del 1993. Non hanno deluso il folto pubblico di appassionati riproponendo il ritornello già sentito da quel galantuomo di Gaspare Spatuzza: Silvio Berlusconi è il mandante delle stragi di mafia nei primi Anni 90.
C’era da aspettarselo. Molti lo sospettavano: la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento stava facendo da tappo a parecchi inquirenti scalpitanti. Adesso che la legge è stata ridimensionata, il turacciolo è saltato. Poche ore dopo il pronunciamento della Corte sono partite le carte della procura di Milano sul caso Ruby. In qualche giorno sono stati resi noti a singhiozzo (e quindi con maggiore efficacia) intercettazioni e verbali coperti dal segreto istruttorio che svergognano il premier. Ora la manovra a tenaglia attorno al Cavaliere si chiude con i mammasantissima redenti. Berlusconi sfruttatore, pedofilo, mafioso, stragista. Un attacco senza precedenti.
Come le bombe piazzate da Cosa nostra nell’anno in cui l’allora guardasigilli Conso decise «in assoluta autonomia» di revocare il carcere duro a 140 mafiosi, anche le rivelazioni contro il premier sembrano a orologeria. Un attacco concentrico, una serie di agguati su fronti diversi orchestrati con rara precisione. Si è parlato di un burattinaio dietro questa massiccia offensiva giudiziaria, di servizi deviati, di «incoraggiamenti» per destabilizzare il quadro politico, di un disegno concertato. Il sospetto è sempre più forte.
Naturalmente, le deposizioni dei pentiti di Cosa nostra sono basate sul «sentito dire». Di testimonianze dirette non c’è l’ombra. Queste le parole di Ciaramitaro: «Francesco Giuliano mi disse che erano stati dei politici a dirgli questi obiettivi, questi suggerimenti» (riguardo le stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano) «e in un’altra occasione mi fece il nome di Berlusconi». La ragione delle stragi era ottenere «l’abolizione del 41 bis e delle leggi sulla mafia». «Le bombe le mettevano per scendere a patti con lo Stato - ha spiegato Ciaramitaro -. C’erano politici che indicavano quali obiettivi colpire con le bombe: andate a metterle alle opere d’arte». Ed ecco il numero uno di Fininvest che fornisce gli indirizzi degli Uffizi a Firenze e del Velabro a Roma. «Chiesi a Giuliano perché dovevamo colpire i monumenti e le cose di valore fuori dalla Sicilia. Lui mi disse che ci stava questo politico, che ancora non era un politico, ma che quando sarebbe diventato presidente del Consiglio avrebbe abolito queste leggi. Poi mi disse che era Berlusconi».
L’altro collaboratore, uno che nel curriculum mafioso vanta l’appartenenza a gruppi di fuoco, non si è lasciato andare a voli pindarici sul turismo da scoraggiare ma è andato più per le spicce. «Da quando avevo 20 anni mi hanno sempre detto cosa dovevo votare politicamente, io e tutti gli altri. Nel ’94, quando ci sono state le elezioni in Sicilia, abbiamo votato tutti per Berlusconi, perché ci doveva aiutare, doveva far levare il 41 bis»: questo il racconto di Pasquale Di Filippo reso nella stessa aula fiorentina in cui aveva deposto Ciaramitaro.
Ma Berlusconi non toccò il 41 bis, anzi. Di Filippo se ne lamentò con Bagarella, il quale «dopo l’arresto di Riina, secondo me, era il numero uno di Cosa nostra». «Nelle carceri ci stanno ammazzando a tutti. Lui mi ha risposto in siciliano: in questo momento lascialo stare perché non può fare niente. Comunque appena c’è la possibilità lui ci aiuterà. Questo è stato il dialogo che io ho avuto con Bagarella».


Prove? Elementi più consistenti che non le chiacchiere tra boss riesumate dopo 18 anni? «Le stragi erano un ricatto della mafia allo Stato» e per far arrivare il messaggio a destinazione «sicuramente c’era un intermediario. Nessuno me ne ha mai parlato, ma ci arrivo a logica». Ah, ecco: la logica mafiosa eretta a fondamento del castello di accuse. Deduzione e intercettazione, le ultime armi per eliminare Berlusconi.

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