RomaUn «vile», un pavido come «Ponzio Pilato», un presidente della Repubblica che «ha abdicato alle sue prerogative». Antonio Di Pietro, scatenato, punta al bersaglio grosso. Secondo lui, Giorgio Napolitano «non doveva firmare la legge criminale sullo scudo fiscale» ma rispedirla in Parlamento. «È proprio la Costituzione - sostiene il leader dellIdv, stavolta senza coppola in testa - che affida al capo dello Stato il compito di rimandare le leggi alle Camere controllando in prima istanza la loro costituzionalità». Invece, «così facendo, si assume la responsabilità di questo provvedimento».
Parole dure, forse oltre i limiti del vilipendio, che però rimbalzano sulla pelle dura di Napolitano mentre fonti interne del Quirinale spiegano che le dichiarazioni di Di Pietro «vanno al di là di ogni possibile commento».
In mattinata a Rionero in Vulture, prima di rientrare a Roma per dare il via libera allo scudo fiscale, il presidente torna sulla sua scelta. Quella legge, dice, non è incostituzionale, «non è unamnistia» e non è nemmeno un pastrocchio giuridico, visto che il governo lha corretto escludendo dai benefici i processi in corso. E poi non firmare serve a poco, come spiega a un uomo che lo ferma nella piazza del paese e gli chiede di bloccare la norma. «Presidente, pensi alle persone oneste». Il capo dello Stato si ferma e risponde con calma, offrendo a tutti un breve ripasso di educazione civica: «Nella Costituzione cè scritto che il presidente della Repubblica promulga le leggi. Se non firmo oggi, il Parlamento rivota unaltra volta la stessa legge e a quel punto io sono obbligato a firmare. Questo voi non lo sapete? Quando mi dite di non firmare, non significa niente».
Ma Di Pietro non gradisce la lezione. Nel pomeriggio, dal retropalco della manifestazione di Piazza del Popolo, torna ad attaccare il Quirinale. «Riteniamo che la firma affrettata del capo dello Stato, giustificata dal fatto che se lo scudo fiscale dovesse tornare indietro le Camere lo approverebbero tale e quale, sia un gesto oggettivamente vile e di abdicazione. Il rispetto è una cosa, la denuncia di unomissione, di un inaccettabile gesto pilatesco, unaltra». Dal Colle nessuna reazione ufficiale. Del resto, al di là delle parole di fuoco contro il presidente, il vero obbiettivo dellex pm è un altro. È il Pd. «Noi siamo lunica opposizione, gli altri sono solo dei cialtroni. Noi dellIdv al voto sullo scudo fiscale eravamo presenti in modo pressoché totale, gli altri no. Noi pensiamo che il governo Berlusconi faccia male al Paese, gli altri rinunciano a fare il loro dovere e sostengono che Berlusconi sia al governo per colpa di Di Pietro».
La veemenza retorica di Tonino ha il merito di provocare una dura reazione bipartisan, Renato Schifani parla di «attacchi ingiusti e offensivi di Di Pietro nei confronti di un presidente apprezzato da tutti per il prestigio, la levatura e lautorevolezza istituzionale». Gianfranco Fini di «un Di Pietro irresponsabile che avvelena il clima». Fabrizio Cicchitto di «un disegno eversivo, di estrema destra, contro il capo dello Stato che si sta sviluppando nel silenzio remissivo del Pd». Giulio Tremonti difende il provvedimento: «Lo scudo fiscale è stata lextrema ratio, ma la nostra legislazione è tra le più severe e rigorose del mondo, nonché onerose per gli evasori».
Nervi tesi nel centro sinistra. Per Anna Finocchiaro «stavolta Di Pietro ha passato il segno». Per Massimo DAlema «chi fa della legalità la sua bandiera, per coerenza dovrebbe rispettare le istituzioni democratiche». Per Vannino Chiti è il momento della rottura: «Vile è il suo attacco a Napolitano.
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