Il tormentato Novecento del Premio Nobel

Lo scrittore casubo-tedesco Günter Grass si affermò con il romanzo Il tamburo di latta (Die Blechtrommel, 1959). È la storia di Oskar Matzerath, rinchiuso in manicomio, che con l’ausilio di un tamburo di latta, gioco infantile e insieme strumento magico, ripercorre le vicende della famiglia e della sua vita, dominata dalla scelta, a tre anni, di non crescere più e di essere nano. Seguirono il racconto Gatto e topo (Katz und Maus, 1961) e il romanzo Anni di cani (Hundejahre, 1963) che evocano in tono caricaturale la vita piccolo-borghese a Danzica prima dell’esodo della popolazione tedesca, avvenuto nel 1945. Tra i suoi romanzi più noti tradotti in Italia prima e dopo il Nobel del 1999, ricordiamo: Anestesia locale (1971), Il richiamo dell’ululone (1992), È una lunga storia (1998), Il mio secolo (1999), che contiene cento racconti, uno per ogni anno del Novecento e ne riprende temi di storia e di costume: dalle trincee della Grande guerra alle tragedie del nazionalsocialismo, dal Charleston alle gemelle Kessler.

Tra gli ultimi volumi pubblicati, ricordiamo Il passo del gambero (Einaudi, 2002), ricostruzione della tragedia del sottomarino sovietico «Wilhelm Gustloff» che in una gelida notte del 1945 affondò una nave tedesca carica di feriti, ausiliarie di marina e migliaia di profughi, causando la morte di circa diecimila persone. Scrivere dopo Auschwitz (Datanews, 2006) raccoglie la Lectio magistralis del Nobel assieme al suo pensiero politico, contenuto in una serie di interviste contro la guerra e lo scontro di civiltà fra Islam e Occidente.

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