Cronaca locale

Torna alla Scala il genio Lang Lang

L'Oriente avanza, si sa. Spinge soprattutto la Cina, su ogni fronte. Assieme al Giappone aveva già conquistato con la danza, rendendosi unica per la singolarità di alcuni caratteri fisici e per la particolare metodicità con la quale gli orientali sanno emulare, spesso in sorpasso, i nostri interpreti. Lo stesso succede anche per la musica. Non è un caso se il Festival Michelangeli dedica la sezione riservata alla musica d'oggi alla Cina (ovviamente anche brani di Tan Dun) e consegna il Premio Benedetti Michelangeli al pianista Lang Lang. Un portento protetto da Daniel Barenboim e già variamente ascoltato anche alla Scala. Lang Lang tuttavia non è il solo. Alle sue spalle la pianista Jin Ju. Al suo fianco l'irresitibile ascesa della ventiduenne Yuja Wang. Pupilla, questa, di Abbado. Da Harding a Dudamel ieri, e dalla Wang vista per caso su Arté dal direttore Diego Matheuz oggi. A dare filo da torcere a Lang sarà ovviamente la collega pianista, presto a sua volta alla Scala con Antonio Pappano. Lei, pur aperta ad altre esperienze, si definisce più «tradizionale» di lui, che non esita ad accompagnare Andrea Bocelli in alcune occasioni «profane», a suonare con il pianista jazz Herbie Hancock, a dichiarare la simpatia per il pop, a essere la star di Olimpiadi e Premi Nobel. Pur puntualizzando sempre d'essere un pianista classico e di adorare Chopin. Lang Lang, oggi al Piermarini (ore 20), è il primo cinese che abbia suonato con Wiener e Berliner. Sue le bacchette più prestigiose: da Barenboim a Jansons e da Chailly a Ozawa, Rattle, Temirkanov. Lang Lang, studi metà in Cina e metà in Usa, ha raccontato a più riprese la differenza tra i due Paesi a quei tempi. Per la Cina era necessario arrivare primi ai concorsi, per l'Occidente essere artisti. L'ultima Scala è di poco fa, per l’apertura del tour europeo della Gewanhausorchester Leipzig. Suono di luce, fraseggio regale, padronanza assoluta. Forse troppo perfetto, troppo pervaso da spiritualità. Troppo rapito. Messo lì, come una goccia di rugiada, tra gli austeri professori portati dai venti del Nord. Ovviamente ha stravinto e, bello che pare un bambolotto, ha ribadito di essere il fenomeno che è.

Con la stessa tecnica formidabile e insuperabile che qualcuno, relativamente ai cinesi, attribuisce anche ad una particolare muscolatura della mano.

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