Apprendo che Baarìa, l’ultimo film di Giuseppe Tornatore, è stato designato dall’Anica a rappresentare l’Italia nella corsa al premio Oscar. Sarà contento il regista, forse un po’ meno del botteghino, dove ci si aspettava maggior trionfo. Può darsi che un freno all’invasione delle sale cinematografiche sia anche dovuto a una scelta del regista duramente, e giustamente, stigmatizzata non solo dagli animalisti, ma anche da chi possiede un minimo di sensibilità nei confronti degli animali. La polemica riguarda la scena in cui un bovino viene crudelmente ammazzato con un punteruolo conficcato nella fronte, quindi sgozzato, ancora vivo. Mentre il sangue esce copioso, dai vasi recisi, viene raccolto per essere dato, come corroborante, a una donna incinta...
La Lav ha denunciato subito l’episodio ai media, mentre l’associazione dei consumatori Codici ha invitato la gente a disertare le sale cinematografiche dove il film viene proiettato. «Col film Baarìa siamo tornati di colpo indietro di 50 anni, quando per girare i western si uccidevano i cavalli facendoli realmente cadere da scenografici dirupi», denuncia Valentina Coppola, responsabile della sezione ambiente del Codici di fronte alla truculenta uccisione avvenuta per il film di Tornatore. E al di là della scelta di una ricostruzione realistica di quei tempi bui, nella fase di transizione dal fascismo al comunismo, quello che fa riflettere è, prima di tutto, se di queste scene violente ce ne sia proprio la necessità, specie in una pellicola visibile a ogni tipo di pubblico, senza alcun limite di età. Tornatore ha chiarito che la scena non poteva essere evitata. Sicuramente un virtuosismo artistico di incommensurabile valore. Lo stesso regista, in una conferenza a Firenze, ha affermato di aver tentato con gli effetti speciali, ma non funzionavano. Non si pretende che arruolasse Douglas Trumbull, il supervisore degli effetti speciali di capolavori quali 2001 Odissea nello Spazio, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e Blade Runner, ma era sufficiente un computer e uno che lo sapesse usare per «taroccare» la scena, ma renderla realistica. Evidentemente in Tunisia Tornatore non disponeva di questi raffinati mezzi. Aveva solo il punteruolo.
Il regista, nel suo delirio di ricostruzione della realtà più realista, ha invece preferito andare in un macello tunisino e filmare quel che si usava fare decenni fa per i grossi animali, prima che comparissero la pistola a proiettile captivo o l'elettrocuzione (scossa elettrica), metodi di stordimento ritenuti umanamente accettabili. «Tanto» ha detto «qui ne ammazzano così, diversi al giorno». Viene in mente la donna che compra la pelliccia di visone. «Tanto i visoni erano già morti». Intanto la scena è girata in Tunisia, lontano dalle severe leggi italiane.
Vuoi mostrare la dura realtà dei tempi senza effetti speciali? Bene, allora gira in Italia e prenditi le tue responsabilità, caro regista, altrimenti ti becchi giustamente gli epiteti che stanno girando sul Net circa il tuo operato. D’altronde, nel film, durante il racconto del passato al ragazzo, si vede improvvisamente la testa di un uomo spappolata da un colpo sparato a bruciapelo.
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