Quando scopre quanti sono gli iscritti alle sigle sindacali in Comune, il segretario generale della Uil Lombardia, Walter Galbusera per un attimo rimane in silenzio. «Il 47%? Ma siamo sicuri? Non è affatto un numeraccio. Poi, se si vuole ragionare sulle sofferenze, è un altro discorso. È chiaro che la tendenza è a scendere e se la situazione rimane comè, lanno prossimo avremo il 43%. Ma oggi nel 2010 e in un settore come la pubblica amministrazione, il 47% è una cifra alta».
Ma davvero si aspettava cifre ancora più basse?
«Oggi un sindacato quando oscilla tra il 30 e il 50% vuol dire che è fortemente rappresentativo. Eppoi, stiamo parlando di una situazione che è in essere nel 2010 e nel pubblico impiego. Che ha una marcia in più: non cè il licenziamento e dà una generale garanzia delloccupazione, ma che comunque è stato investito da un fenomeno che ha rimesso in discussione questa situazione».
Ovvero?
«Il blocco delle assunzioni, il ricorso allaffidamento esterno per alcuni servizi e un potere di contrattazione che è debolissimo e centralizzato».
Tutti fattori che non favoriscono la sindacalizzazione, semmai la indeboliscono...
«Se tutto viene deciso a livello centrale, anche il sistema degli incentivi, è un grosso limite. Con il federalismo, la situazione potrà cambiare ed è quello che tutti auspichiamo. Verranno messe a disposizione delle risorse a livello locale. E se la svolta deve arrivare, sarà con la ripresa della contrattazione integrativa».
Va bene, ma oltre a questa, quali sono le altre ragioni della disaffezione verso le sigle sindacali?
«La caduta degli organici per cui quelli che tradizionalmente erano legati al sindacato stanno andando in pensione. Una parte importante dei giovani che entrano sul mercato del lavoro, hanno contratti a tempo determinato. E in generale, cè un timore...».
Timore, e di cosa?
«Sì, insomma. Essere tesserati può essere pregiudiziale. Tanto più è vero, quando più è piccola lazienda. Nel pubblico, non credo che sia un aspetto dominante. Ma può essere un freno per ladesione. I pensionati sono entrati in un contesto diverso, dove la politica aveva il suo peso. Oggi è venuto meno. Non ci sono più forze politiche, esistono dei surrogati, ma sono un po come dei fantasmi».
Ma non può essere più semplicemente che i giovani non si sentono più tutelati e protetti dal sindacato e se ne sono allontanati per disaffezione?
«Certo, in questa difficoltà pesano anche i nostri limiti. Dobbiamo puntare sullattualità della nostra presenza.
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