Mai visto Giuàn Trapattoni con la giacca della tuta a bordo campo. Se non in allenamento. Mai visto fermo, riflessivo, senza nemmeno un fischio del suo repertorio storico a scuotere la comitiva. Visto più volte monsieur Domenech con il naso rosso, non per il buon vino del suo Paese, ma per laria fredda del Croke Park, pieno zeppo di tifosi di Irlanda e di Francia. Mai vista una maglia così indecente come quella dei cosiddetti galletti che, per ribadire il concetto dei cocoricò, al posto della cresta mostrano i muscoli grazie alla divisa aderentissima sui fianchi, sul corpo, con un disegno delle costole come certi personaggi dei fumetti horror e, in aggiunta, sulla schiena, il profilo di bretelle a incrocio, tipo quelle portate dai g men, senza pistola appresso, per fortuna.
A Dublino si è giocato a pallone come ai bei tempi, i cronisti francesi hanno continuato a dire che gli irlandesi sembravano italiani vestiti di verde, difesa bloccata e avanti Savoia in contropiede; gli irlandesi, di contro, sottolineavano la fisicità dei francesi che contano otto uomini di colore ai quali si aggiungono il portiere Lloris con Gourcuff e Gignach, dunque facilmente individuabili.
Trap ha pregato, morsicando le parole sulla bocca semichiusa, non ha usato rosari o acque benedette, ma alla lunga ha scoperto di essersi votato al santo sbagliato. Domenech non ha guardato le stelle, forse lo avrà fatto alla vigilia, quando aveva respinto le ultime critiche con una frase classica: «Ormai non tengo più conto di quello che mi dite contro, altrimenti mi sarei già suicidato», soluzione finale da evitare. Nellattesa del gesto tragico, Domenech il simpatico, ha provato a capire se oltre ai muscoli dai suoi dipendenti potesse emergere anche il fosforo ma ha osservato narciso Gourcuff che tenta di scimmiottare Zidane ma soltanto davanti allo specchio; intanto larbitro, quello di Milan-Real Madrid, il genio tedesco che aveva annullato un regolare gol di Pato, ha annullato stavolta un gol fasullo del Gignach di Tolosa ma non ha fischiato un paio di body check dei francesoni su Keane e Andrews; ogni volta che Anelka ha tentato di giocare un pallone il pubblico del Croke Park lo ha coperto di fischi e di uuh, nessun insulto razzista ma il fatto che il francese gioca in Inghilterra, a Londra poi e addirittura con il Chelsea di Abramovich.
Ritmo alto, entrate da rollerball ma nemmeno un cartellino giallo, nessuna vittima, nessun martire, nessuna isteria con larbitro Brych. Quando mancavano dieci minuti alla fine del primo tempo Trap ha convocato Tardelli, sarebbe stato luomo ideale per cambiare la musica ma luomo di Madrid si è limitato a fare il postino, provvedendo a far scaldare i panchinari. Con il passare dei minuti Irlanda e Francia hanno incominciato a pensare a mercoledì prossimo quando a Parigi si giocheranno lultima ora e mezza prima del Sud Africa, dunque hanno offerto un football meno logico e più nervoso, con emozioni di gol ma non gol veri, i francesi sono andati a sbattere la loro testa presuntuosa contro il muro di Dublino, quello messo assieme da Trapattoni e Tardelli, sembrava pareggio nello spareggio, equilibrio instabile, pugili barcollanti, allangolo, temendo che qualcosa di brutto potesse avvenire, cosa che si è realizzata, come nelle comiche finali, nel modo più prevedibile, con un autogol, su un tiro sciocco di Anelka si sono messe di mezzo la gamba e la deviazione di Sean Patrick St.
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