Tremonti «accelera» la ripresa italiana

Dopo Germania e Francia, anche l’Italia rivede al rialzo le stime sul Pil 2010. «Metteremo un 1 nelle previsioni di crescita del piano di stabilità», ha annunciato ieri Giulio Tremonti, al termine della riunione dell’Ecofin a Bruxelles. È un ritocco migliorativo rispetto al +0,7% indicato nei documenti di accompagnamento alla Finanziaria, valore cui peraltro si era allineata Bankitalia qualche giorno fa. Solo Confindustria e Ocse puntano su un’espansione maggiore quest’anno (+1,1%), ma non c’è alcuna enfasi nelle parole del ministro dell’Economia, di cui è nota la diffidenza verso gli «indovini» delle statistiche. Fama che, infatti, Tremonti non tradisce: «Non sono un fanatico dei decimali - aggiunge - potremmo mettere un altro numero: c’è chi alle previsioni ci crede e chi è obbligato a farle. Noi siamo obbligati».
Anche se sembra presentare una velocità superiore alle attese, la ripresa resta fragile un po’ ovunque e rende tutti prudenti. Secondo Tremonti, è necessario trovare un nuovo motore di sviluppo economico, un compito che potrebbe essere assolto dai settori dell’energia e dell’ambiente con il sostegno di pubblico e privato. Al momento, però, sono altri i problemi. La necessità di rinviare il ritiro delle misure di stimolo anti-crisi, così come suggerito lunedì dal Fmi per non incappare in una seconda ondata recessiva, ha obbligato i ministri economici a lasciare fuori dall’agenda del vertice il tema della riduzione delle tasse. Del resto, un taglio delle aliquote è verosimile solo «nel medio termine», aveva detto il numero uno della Bce, Jean-Claude Trichet. «Dixit», è stata la replica lapidaria di Tremonti. «Qui nessuno ha parlato di tasse: il discorso è considerato nazionale e c’è soltanto un invito al rispetto dei parametri di bilancio», ha poi aggiunto rispondendo a chi gli chiedeva di un’eventuale discussione sui margini di riduzione delle tasse per l'Italia.
Questione internazionale foriera di possibili dispute è invece quella, spinosa, relativa al recupero della cosiddetta euroritenuta. Tremonti ha ventilato la possibilità che l’Italia possa mettere il veto sulle questioni fiscali (che per essere approvate richiedono l’unanimità in sede Ecofin) se non sarà fatta luce su un meccanismo che «avrebbe dovuto portare la Svizzera in Europa e ha invece portato l'Europa in Svizzera». L’indice è puntato contro Austria e Lussemburgo, che possono trattenere alla fonte l’imposta e poi trasferirne il 75% allo Stato interessato in cambio del mantenimento del segreto bancario. «Vogliamo sapere quanto ci spetta - ha detto Tremonti - e che non ci è stato riconosciuto dai Paesi che devono pagarci l’euroritenuta: quanto è stato pagato alla Repubblica italiana è meno di quanto ci compete, ora voglio indietro i nostri soldi», ha aggiunto, parafrasando le parole pronunciate da Margaret Thatcher negli anni ’80 a proposito del bilancio europeo e utilizzate qualche giorno fa anche da Barack Obama per annunciare la tassa contro le banche. Tremonti parla di «forte asimmetria» tra i flussi finanziari ufficiali e quanto i singoli Stati trattengono. «La stima dei capitali italiani depositati in Austria è di due miliardi: riteniamo che sia maggiore», ha spiegato il titolare di via XX Settembre, che non ha risparmiato una frecciatina all’appena riconfermato presidente dell’Eurogruppo, il lussemburghese Jean-Claude Juncker: «Nel suo programma per l’Eurogruppo non mi risulta vi sia alcun impegno per un ritorno del Lussemburgo sulla strada della trasparenza».

Tremonti si è comunque detto soddisfatto del «piccolo passo in avanti» compiuto dai 27 con l’accordo per il rafforzamento dell’assistenza reciproca nel recupero delle tasse, con l’obiettivo di combattere l'evasione fiscale. La direttiva sarà approvata in un successivo Ecofin, dopo l’approvazione del Parlamento europeo.

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