Tremonti e Gheddafi, Silvio di umore nero

Berlusconi ad Arcore attende gli sviluppi della vicenda sul superministro. Poi la smentita di essere nel mirino del raìs. Il premier usa la tattica del silenzio per evitare di alimentare tensioni. Sottosegretari a Interno e Sviluppo le nomine "congelate" dopo l'estate

Tremonti e Gheddafi, Silvio di umore nero

Roma - Il premier tace. Chiuso ad Arcore, con poca voglia di parlare di politica, di umore altalenante, attende gli sviluppi della vicenda Tremonti più da spettatore che da protagonista. Silenzio. La linea è quella di non far trapelare nulla ed è anche per questo che il Cavaliere non prende bene l’ennesima selva di virgolettati a lui attribuiti, pubblicati sui principali quotidiani di ieri.

In primis la paginata del Corriere della Sera secondo cui il premier si sarebbe sfogato su Gheddafi: «Mi vuole morto, l’ho saputo da fonti certe - avrebbe detto riferito al raìs libico - sono in pericolo di vita e purtroppo non solo io ma anche i miei figli». Da qui, a tarda mattinata, il comunicato ufficiale di palazzo Chigi: «Anche stamane si rileva su molti quotidiani un florilegio di frasi e giudizi attribuiti al presidente Berlusconi, tutti quanti frutto della più fervida fantasia. Valgano per tutte le presunte rivelazioni su Gheddafi che il presidente Berlusconi non ha mai detto o confidato ad alcuno». Una smentita secca della ricostruzione fatta dal Corriere che riportava innumerevoli frasi del premier sulla crisi di Tripoli: «A suo tempo - si legge - avevo messo in guardia i nostri partner internazionali, e anche in patria avevo spiegato che l’operazione non sarebbe stata facile, e che ci avrebbe potuto danneggiare». E ancora: «Davanti alle pressioni degli Stati Uniti, alla presa di posizione di Napolitano e al voto del nostro Parlamento, che potevo fare? Non sono solo io a decidere. Ma vai a spiegarlo a chi è abituato a comandare, come Gheddafi. Le regole della democrazia non le capisce».

Concetti, questi, che il premier aveva espresso più volte in passato e «anzi - confessa un membro del governo - Berlusconi è da tempo che non menziona più il colonnello Gheddafi. Curioso che proprio oggi si decida di dare così tanto rilievo alla questione». In effetti, lo scorso 7 luglio, in una conferenza stampa alla Camera, il premier aveva dichiarato testualmente: «Ero e sono contrario all’intervento in Libia ma ho avuto le mani legate dal voto del Parlamento del mio Paese e sono stato costretto ad accettarlo non solo per la decisione dell’Onu ma anche per l’intervento del capo dello Stato alle Camere». E ancora: «l’intervento non è attribuibile alla volontà degli americani, ma alla decisione di un Paese europeo e nell’ultimo Consiglio europeo Sarkozy e Cameron hanno detto che la guerra finirà quando a Tripoli ci sarà una rivolta dei ribelli contro Gheddafi».

Insomma, contrarietà alla guerra, evidente, e relativi sfoghi su timori di una ritorsione da parte del colonnello libico, se ci sono stati, sono quantomeno datati. Sta di fatto che leggere il suo pensiero ieri, sulla prima pagina del Corsera, non fa piacere al Cavaliere che fa quindi partire la smentita ufficiale. Al quale via Solferino risponde con una contro nota: «Il Corriere comprende le ragioni di opportunità della smentita di palazzo Chigi. Confermiamo però - aggiunge il quotidiano - che quanto riportato nell’articolo di Francesco Verderami sui timori su Gheddafi è stato riferito al nostro giornalista da autorevoli esponenti del governo e del Pdl che hanno incontrato il premier, colloquio di cui abbiamo riferito con assoluta fedeltà».
In ogni caso Berlusconi, in questo periodo, sceglie la linea del basso profilo per non alimentare eccessive polemiche. Le opposizioni vedono la spallata dietro l’angolo e il Carroccio continua a sbandare tra le due posizioni di lotta e di governo.

Quindi il Cavaliere preferisce tacere, nella convinzione di poter andare avanti fino al 2013. Soprattutto perché non vede un’alternativa a questo governo. Un esecutivo che, fresco di due nuovi ministri e un sottosegretario (Francesco Nitto Palma alla Giustizia, Anna Maria Bernini alle Politiche comunitarie ed Elio Belcastro all’Agricoltura), dovrebbe a breve vedere ricoperte altre due caselle.

In ballo ci sono due sottosegretariati: quello all’Interno e quello allo Sviluppo economico. I nomi che circolano restano molti, in pole sembrano essere Giuseppe Galati e Francesco Pionati. Ma nel Pdl c’è chi preme per rimandare la questione a dopo l’estate.

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