Tremonti: «Troppe regole l’Europa non può crescere»

Tante, «troppe» regole in Europa, dice Giulio Tremonti. E troppa burocrazia. Addirittura, sostiene, ce n’è «un eccesso insostenibile, che comporta un costo elevato» e che mette in difficoltà l’economia del continente, visto che ormai «la competizione non è più tra Paesi, ma tra continenti». E, si sa, vincono sempre «i più flessibili».
Tremonti parla al World economic forum di Davos e spiega come il panorama mondiale sia completamente cambiato. «La crisi è il nostro nuovo paradigma, non possiamo produrre più deficit e debito. Però attenzione, «il senso di questo messaggio va capito: dobbiamo ridurre il budget, garantendo e conservando il welfare e mantenendo la democrazia». Servono parametri diversi. «Molti - insiste il ministro - temono la globalizzazione e l’ignoto. Ecco perchè in molte aree si vede riemergere i partiti dell’estrema destra».
Serve insomma un contratto sociale adeguato al XXI secolo, fatto «conservando la parte buona del vecchio mondo». Un mix tra il vecchio mondo, quello del G7, «dominato dagli Stati nazione e incentrato sui principi della rivoluzione francese, liberté, egualité, fraternité», e quello nuovo del G20, «incardinato invece su globalité, marché, monnaie». Tremonti cita pure l’enciclica Caritas in veritate, «una fantastica mappa del nuovo mondo emergente contrassegnata da proprietà, integrità e trasperanza». E così nel nuovo ordine mondiale «il modello europeo non può essere basato soltanto sulla domanda interna e sulle esportazioni», ma ha bisogno anche «degli investimenti pubblici». Ecco perchè, conclude, «proponiamo gli eurobond».
Secondo Angela Merkel «il debito è il maggior rischio per la prosperirtà dell’Europa e quindi dobbiamo riuscire a contenerlo». Per questo «i Paesi dell’area dell’euro devono darsi un maggior coordinamento delle politiche economiche: sistemi sociali divergenti non sono più sostenibili, serve ad esempio l’età unica pensionabile». Quanto alla moneta e alla sua tenuta, il cancelliere tedesco promette un impegno totale: «L’euro è la nostra valuta ma è anche molto di più, perchè impersona l’Europa. Se fallisce, fallisce l’Unione europea. Ma noi difenderemo la moneta, perseguiremo una politica per la sua solidità». La situazione non è compromessa: «C’è una crisi del debito, non dell’euro. L’anno scorso la Germania ha optato per un freno all’indebitamento e per questo è stata criticata. Ma poi abbiamo registrato un tasso di crescita del tre per cento, dimostrando che le misure di risparmio e crescita non sono in contraddizione».
E mentre il premier britannico David Cameron dà ragione a Tremonti («se si procedesse con più coraggio sulla strada della deregulation, l’Europa potrebbe guadagnare fino a 180 miliardi di euro»), Jean-Claude Trichet sente nell’aria qualche venticello di ripresa.

«Non è il momento di abbassare la guardia - avverte il presidente della Bce - abbiamo ancora moltissime sfide da affrontare. Però sono emersi alcuni segnali incoraggianti. Nell’ultimo anno l’economia reale ha sorpreso in senso positivo, è andata meglio rispetto alle previsioni».

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