Trichet frena la corsa del supereuro

Europa in difficoltà: l’indice manifatturiero scende ai minimi degli ultimi 27 mesi

Trichet frena la corsa del supereuro

da Milano

È intervenuto mentre l’euro stava completando la scalata alla vetta di 1,50 dollari dopo aver toccato il punto più alto mai raggiunto, a quota 1,4967. «La Banca centrale europea non gradisce movimenti brutali nel mercato dei cambi», ha ribadito ieri il presidente dell’Eurotower, Jean-Claude Trichet. Le parole del banchiere francese, che in passato si era spesso rifiutato di commentare i movimenti valutari, hanno contribuito a bloccare l’ascesa della moneta unica, fonte di preoccupazione anche per il commissario Ue, Joaquin Almunia. Ma l’appuntamento con il rapporto di un euro contro un dollaro e mezzo è probabilmente solo rimandato di qualche giorno.
La presa di posizione di Trichet non è certo casuale. Il progressivo rafforzamento dell’euro sta impedendo alla Bce, da almeno un paio di mesi, di muovere al rialzo le leve dei tassi in modo da raffreddare il surriscaldamento dell’inflazione (2,6% in ottobre), generato dai rincari energetici e alimentari e a rischio di ulteriori aumenti per effetto delle pressioni salariali. L’istituto di Francoforte, infatti, temporeggia. Ben sapendo che un irrigidimento del costo del denaro avrebbe conseguenze sulla crescita economica, in fase di decelerazione per almeno quattro motivi: il calo dell’export legato al cambio; la crisi del credito provocata dal virus subprime, che secondo quanto riferito proprio da Trichet sta propagandosi ad altri settori; le turbolenze delle Borse, i cui rialzi di ieri (Milano ha guadagnato l’1,64%, e ancor meglio ha fatto Londra, in progresso dell’1,7%) non rimediano i danni dei giorni scorsi; una prevedibile contrazione degli investimenti aziendali e dei consumi privati.
Peraltro, un segnale inequivocabile della perdita di colpi da parte di Eurolandia c’è già: l’indice Pmi con cui Royal Bank of Scotland (Rbs) misura lo stato di salute dell’economia, è sceso in novembre ai minimi da ben 27 mesi, a 53,8 punti. «Se questa tendenza dovesse continuare anche nei prossimi mesi - spiega l’economista di Rbs, Jacques Cailloux - smentirebbe lo scenario preso come base dalla Bce, cioè che la crescita reale dell’eurozona rimarrà vicina al potenziale». A quel punto, i margini per una stretta monetaria diventerebbero ancora più ristretti, se non addirittura inesistenti, e l’Eurotower si troverebbe a dover combattere l’inflazione senza munizioni.
Dal punto di vista dei mercati valutari, un simile scenario può portare a un ripensamento dei rapporti di forza tra euro e dollaro.

Allo stato attuale, tuttavia, le attese per un ulteriore taglio del costo del denaro negli Usa in dicembre da parte della Federal Reserve per fornire un appoggio a un’economia sempre più zoppicante, giocano ancora a favore dell’euro. Che la prossima settimana potrebbe quindi compiere lo scatto finale per raggiungere gli 1,50 dollari.

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