Trinca: «Moretti? Un puntiglioso maniacale»

Jasmine è sul set del «Grande sogno» di Placido dedicato al ’68 «Lavorare con Michele è molto più semplice che con Nanni»

da Locarno

«Una retrospettiva, interamente dedicata a Nanni Moretti? Be’, per me che studio archeologia, non mi stupisce il Nanni ritrovato», commenta da Roma Jasmine Trinca, l’attrice ventisettenne, che con il suo sguardo sentimentale, gli occhioni celesti e una certa, velata tristezza di fondo, incarna la perfetta testimonial del «morettismo», un mix di incertezza, ritrosia, arroganza mentale mascherato da timidezza. In questi giorni di festival, in molti si sono chiesti quale senso avesse dedicare un corposo omaggio (con tanto di film quiz incomprensibile ai più) a un regista vivente e appena cinquantenne, dunque non ancora in odor di esegesi.
Per quanto il regista girotondista possa apparire un precursore di genere e alcuni suoi modi di dire e di fare siano entrati nella scena mentale di molti, un’indelebile marcatura ideologica resta addosso al Nanni, che non da ieri se la prende con l’amata sinistra, incapace (lo si è visto alla prova elettorale) di fare i conti col malumore della sua base. Eppure, la mite Jasmine, che adesso si trova nei corridoi della Sapienza, Facoltà di Lettere, a girare Il grande sogno, il film sul 1968, diretto da Michele Placido (fa la parte di Laura, ragazza borghese travolta dalla contestazione), ne ha da dire, di cose, a proposito del regista omaggiato a Locarno. «Andavo al Liceo Classico Virgilio, ero una ragazza tra tante, che non sognava assolutamente di fare l’attrice», rivela l’interprete de La meglio gioventù (2003), che l’anno prossimo vedremo nel drammatico La legge del più forte del francese Alain Tasta, a fianco di Anna Galiena in una coproduzione italo-franco-israeliana.
Troviamo l’attrice a una seduta di «trucco e parrucco» prima delle riprese e, dal suo racconto su Nanni, vari spunti emergono. Primo fra tutti, che l’autore di Io sono un autarchico, sul set è un sergente di ferro, anche capace di farti ripetere una scena semplice dozzine e dozzine di volte. «All’epoca de La stanza del figlio, nel 2001, non mi rendevo conto di quel che facevo, ossia che Nanni mi avrebbe cambiato la vita. Insegnandomi a stare davanti alla macchina da presa per togliere, più che aggiungere, al personaggio. Certo, la sua puntigliosità ha del maniacale e chi non lo conosce, magari, può pensare che lui si diverta a farti provare e riprovare, senza sosta, la stessa battuta, per ore», riflette Jasmine, che il pubblico ha apprezzato in Romanzo criminale, ancora un lavoro diretto da Placido. «Di sicuro, Michele Placido è meno esigente di Moretti, che sul set crea, comunque, una tensione molto percepibile», spiega la giovane interprete.
«Lavorare con Moretti, o con Placido, ormai lo considero un vero lusso: i tempi cinematografici sono sempre più stretti e non parliamo di quelli televisivi. Ma non vorrei proprio si dicesse che lavoro, in quanto “musa” di Nanni», si schermisce la bella attrice. Deve impersonare una giovane di buona famiglia, che ancora non conosce i tormenti sessantottini, e indossa un golfino a collo alto, sotto al tailleur bon ton da ragazza-bene.

«Mi trovo in ottima compagnia: con me recitano Luca Argentero, e Riccardo Scamarcio, nei panni di un poliziotto del sud. Per ora, l’atmosfera sul set è di grande complicità e mi fa venir voglia di sbrigarmi a prendere la mia laurea in Archeologia».

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