Troppi decibel, in Versilia hanno perso la Bussola

Pietrasanta, sequestro dei vigili per disturbo della quiete pubblica: "Il volume è troppo alto"

Troppi decibel, in Versilia hanno perso la Bussola

Marina di Pietrasanta - Era passato mezzogiorno, faceva caldo. L’agosto in Versilia è quello di sempre, frenetico e fascinoso, anche malinconico di nostalgie. Non per tutti. Si sono presentati con i sigilli, a Focette, dove sta la Bussola: «Troppo rumore, decibel eccessivi, si chiude, sequestriamo». La polizia municipale di Pietrasanta ha eseguito la decisione adottata, in forma preventiva, dal Tribunale di Lucca, a firma del gip Letizia Di Grazia. Il reato contestato è disturbo della quiete pubblica, viene utilizzato l’avverbio «eventualmente», c’è scritto anche «disegno criminoso». Dalla dolce vita alla mala vita. Balle.

Mentre i vigili facevano quello che avevano detto loro di fare, tra brusii e fischi, dallo stabilimento balneare che porta lo stesso nome, la Bussola, sono spuntati i riccioli di Massimo Giletti che ha preso a strillare, urlando «vergogna, vergogna», raggiungendo, lui con gli altri che facevano ala e ormai gruppone, livelli di decibel superiori ai limiti previsti e oggetto di indagine. Mentre questo bailamme accadeva lo sguardo di Gherardo Guidi era quello di un bambino al quale stavano portando via i regali di Natale. Guidi è un signore di età matura, vicina ai settanta, è il proprietario di questo locale che ha fatto la storia ed oggi è riservato alla cronaca: «Mai mi era capitata una cosa del genere in quarantasei anni di lavoro, mai ho avuto problemi con la giustizia. E arrivano oggi, alla vigilia della settimana piena, di ferragosto».

Volume troppo alto, peggiore delle pasticche di droga che, stando alle voci di popolo, vengono spacciate o distribuite in altri siti vicini e di moda, peggiore dell’invasione volgare dei riccastri dell’est che si portano appresso cocaina e prostitute, peggiore delle violazioni ai regolamenti sull’occupazione di suolo pubblico e capienza del locale, tipiche di altri night e discoteche del medesimo litorale, peggiore del frastuono di motociclette, auto, Suv che sfilano e filano velocissimi, senza che i famosi rilievi fonometrici li prendano in considerazione.

«Quando passo davanti alla Bussola chiudo gli occhi e riaccendo i ricordi», pensieri e parole di Nicoletta Strambelli in arte Patty Pravo. La quale non poteva immaginare che oltre a chiudere gli occhi dovrebbe tapparsi le orecchie, stando all’esposto di un cittadino, sembra trattarsi di un avvocato, e al dispositivo del gip Di Grazia.
Mezzo secolo di vita bella stracciato in quattro pagine di carta bollata. Mezzo secolo e di più ancora vissuto con la musica e gli artisti, gli uomini di cultura e gli attori, le donne affascinanti e i play boy, quando le veline e i Costantini non esistevano ancora ma qualcuno già provvedeva al pettegolezzo. Mina Mazzini in minigonna ballava il twist in pedana, in una fotografia, attorno alla Tigre di Cremona ci sono la Rame biondissima e il Fo ghignante, in un’altra c’è Vittorio Gassman e mille altri, da sempre. In principio fu Renato Carosone, il primo a suonare e cantare quando il parigino Sergio (all’anagrafe faceva Antonio) Bernardini si inventò la carriera di imprenditore versiliese, prima prendendo la Capannina poi traslocando alla Bussola che sul finire degli anni Quaranta era stata creata dai fratelli Alpo e Augusto Benelli.

Da «Caravàn Petròl» in poi fu una belle époque, con tutti, davvero tutti, i più grandi, le più belle, le più brave a esibirsi mentre il pubblico composto, fumava, beveva, ballava e pagava, roba da mutuo, per i tempi. Se Mina andava con il twist e qui proprio concluse le sue esibizioni in pubblico, perché non dire dei Platters o di Celentano, della prima volta di Fabrizio De Andrè in diretta, dei due Fred, Buscaglione e Buongusto, di Bruno Martino e del maestro Gorni Kramer, della Fitzgerald ma soprattutto di Marlene, sì la Dietrich che provocò il panico, altroché i sigilli di ieri.

Volle, la Divina, che venisse pitturato di amaranto tutto il camerino, l’imbianchino finì l’opera nel pomeriggio della prima. Quando aprì la porta, dondolando sui fianchi, la Divina ordinò con stile teutonico e pronunzia franzosen una «frappeuse», insomma un secchiello per lo champagne. In due sguatteri filarono di corsa al bar Mario, riempita la frappeuse di ghiaccio si ripresentarono in camerino, sudatissimi. La Divina prese il secchiello, dove qualche temerario cortigiano aveva subito immerso la bottiglia di Veuve Clicquot, levò via lo champagne, quindi tenendosi rigida in piedi, allargò le sue bianche gambe, alzò la gonna, abbassò le mutandine e provvide a fare pipì. Lo spettacolo nel privé fu splendido per gli astanti, i clienti del pubblico non sapendo del backstage, applaudirono, bevvero, danzarono, pagarono. La Marlene rientrò in Patria dopo aver superato l’antidoping e incassato la congrua. I Beatles vennero evitati: «Avrei avuto un debito di un miliardo di lire a meno di far pagare le consumazioni un milione» spiegò Bernardini.

Era anche questa la Bussola, la sua vita notturna infastidiva non i vicini ma Potere Operaio. Accadde il trentuno di dicembre del Sessantotto, anno caldissimo. Un gruppo di contestatori, organizzati per l’appunto dal Movimento di cui sopra, prese a lanciare ortaggi e uova, come avevano fatto alla prima della Scala, contro i borghesi impellicciati colpevoli di festeggiare San Silvestro in quell’ultraborghese locale, mentre il popolo soffriva. Polizia e carabinieri risposero con le armi, fu ferito gravemente un ragazzo, Soriano Ceccanti restò paralizzato per un colpo di fucile. Passò anche quell’inverno, passarono anche quegli anni caldi di insulti e guerriglia.

La Bussola, lentamente, malinconicamente si è quasi messa da parte, arrendendosi, frullata dalle nuove tendenze che non consentono più melodie, tanghi, abiti da sera e affini ma droghe e affini. Domenica prossima il cartellone prevedeva le semifinali di miss Toscana, valide per presentarsi a Miss Italia. Lunedì sera poi biglietti in vendita per Franco Califano la cui voce profonda rischierebbe di violare il codice penale.

Meglio dunque i sigilli, meglio dunque l’agenzia regionale per la protezione ambientale il cui acronimo è ARPA. Non è uno strumento musicale. Altrimenti darebbe fastidio all’avvocato e al Gip. La Bussola ieri sera era chiusa. Ma faceva un chiasso incredibile.

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