Luca Telese
da Roma
Se lo avesse scritto un economista leghista, probabilmente avrebbero gridato allattentato razzistico, allennesimo episodio di antimeridionalismo. Ma siccome lautore di Mediterraneo del nord (Editori Laterza, 10 euro) è uno degli economisti principe dei Ds, ovvero Nicola Rossi, ex consigliere di DAlema a Palazzo Chigi, possiamo calarci nel pessimismo senza timori.
Cosa dice il saggio di Rossi? Che il Sud, è in ritardo, certo. Ma anche unanalisi impietosa dei dati. Da cui - tanto per fare un esempio - lautore trae la certezza che uno dei pochi indicatori positivi, laumento del reddito pro-capite dal 66.4 al 69.6 (negli ultimi cinque anni) va ponderato con i flussi di migrazione interna e abbassato al 67.7. Rossi è un uomo di sinistra che critica la politica meridionale del governo di centrodestra - ovvio - ma anche con il centrosinistra non è tenero, anzi: la sua è una critica laicamente bipartisan. «Per dirla breve: i due terzi delle famiglie povere vivono nel mezzogiorno, oggi come dieci anni fa».
E ancora: «Oggi come dieci anni fa il tasso di disoccupazione è più del doppio della media nazionale. Di più: oggi, su 100 persone in cerca di occupazione, 60 sono meridionali. Dieci anni fa questa proporzione era significativamente inferiore: poco più del 50%». Leconomista diessino è asciutto, severo; lavora di precisione, scava le cifre col bisturi: «Un buon esame dei dati chiarisce come i timidissimi passi in avanti compiuti dal mezzogiorno negli ultimi anni, siamo in buona misura imputabili ai marginali progressi registrati dai livelli della produttività del lavoro, ma non certo allevoluzione del mercato del lavoro cui non sono estranei i fenomeni migratori appena citati».
E così, passando dagli indicatori più economici a quelli di altro tipo, lo scenario non migliora: «Stando così le cose - scrive Rossi - non può non sorprendere che il mezzogiorno abbia registrato ben pochi progressi sul fronte dei fenomeni di esclusione sociale». Per non dire del sommerso, passato «dal 6.8% della media nazionale all8.8%». E poi timidi segnali di ottimismo - nel settore dellenergia - e preoccupanti dati di regresso, ad esempio nel settore dellerogazione dellacqua: passano da meno del 20 a oltre il 28% la quota di famiglie non servite regolarmente. «Là dove toccava al mezzogiorno cambiare, perchè cambiasse il paese, ciò non è avvenuto». Al lettore non sfugga il peso di queste frasi, visto che da dieci anni molte delle più importanti amministrazioni del Sud (vedi Campania) sono uliviste.
Non solo: secondo Rossi questo «risultato deprimente» è stato pagato a peso doro dal contribuente: 120 miliardi di euro di spesa pubblica che si sono riversati sul sud fra il 1998 e il 2004. Al netto, si tratta quasi del triplo di quanto stanziato con la Cassa del mezzogiorno! Ovviamente è drastica la cura proposta: taglio di sperchi, paletti alle amministrazioni, «abbattimento in cifra fissa della base imponibile Irap legato alle carenze nelle dotazioni infrastrutturali». Riduzione drastica - di contro - «dei provvedimenti di incentivazione delle attività produttive». E poi: destinare meno finanziamenti nei bilanci, «sottrarre il controllo della spesa alle pubbliche ammministrazioni», aiutare con fondi pubblici il credito privasto «per abbattere la struttura dei costi dei fondi privati», limitare «luso improprio delle risorse pubbliche». Insomma, per dirla con lo slogan dellautore «capovolgere tutto».
Il primo a capovolgersi sulla sedia, quando leggerà questo saggetto, dovrebbe essere Antonio Bassolino, uno dei modelli amministrativi negativi che sono presi di mira dal saggio. Lavesse scritto un leghista, questo libro, avrebbero gridato allo scandalo. Ma forse solo un ministro leghista potrebbe mettere in pratica i consigli di un economista ds.
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