Troppi tagli, il Quirinale congela la manovra

Prima di firmare il decreto, il Quirinale ha chiesto "approfondimenti e chiarimenti". Il sì arriverà solo oggi. In una lettera privata al premier, il capo dello Stato spiega i suoi dubbi: preferirebbe una cura più morbida. Bondi: "Io esautorato". E' scontro per la scure nelle spese. I provvedimenti: salta l'abolizione delle Province, nel redditometro viaggi e leasing

Troppi tagli, il Quirinale congela la manovra

Roma - La manovra no: non ancora, sono le dieci di sera e non è pronta, non è a posto perché ci sono alcuni «delimitati aspetti» da aggiustare. Ma intanto Giorgio Napolitano qualcosa la firma lo stesso, e cioè una lettera privata a Silvio Berlusconi in cui gli spiega perché è costretto a chiedere «approfondimenti e chiarimenti» e a congelare per tutta la notte il provvedimento che lui stesso considera necessario e urgente. La firma dunque arriverà, forse già stamattina, in tempo per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il testo non è stato bocciato, ma prima Palazzo Chigi deve risolvere qualche problema di «sostenibilità giuridica e istituzionale».

I dubbi del Quirinale si concentrano, a quanto pare, sulla possibilità del governo di tagliare in settori di competenza regionale, sull’opportunità di sforbiciare la ricerca, l’università, gli enti culturali e gli istituti scientifici proprio nell’anno delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, sull’accorpamento di Inps e Inail, sui requisiti di urgenza di altre misure. Da qui il consiglio di preparare una manovra a due tappe, inserendo nel decreto tutti i provvedimenti che servono a fare cassa e a trovare i 25 miliardi che servono, rimandando a uno o più disegni di legge gli altri e più controversi interventi. Lacrime e sangue? Il Colle non eccepisce sull’entità della correzione finanziaria, né sulla scelta dello strumento del decreto. Anzi, per Napolitano «non ci sono alternative» alla linea del rigore richiesta dall’Europa, imposta da Giulio Tremonti e poi in parte smantellata da Gianni Letta. Sulle strade da prendere, su quali cose vanno tagliate, Napolitano non mette bocca. «Il governo ha l’esclusiva responsabilità degli indirizzi e del merito delle scelte di politica finanziaria, sociale ed economica», si legge in un comunicato ufficioso del Quirinale. Purché, come ha detto giorni fa a Washington, i sacrifici siano equamente distribuiti e purché alla fine i conti tornino.

Il problema non sono i numeri e nemmeno le coperture finanziarie. Però una manovra che, prima di arrivare sul Colle, per cinque giorni è rimasta «aperta» e sottoposta a rimaneggiamenti vari, presenta per forza di cose nei suoi 51 capitoli alcune incongruenze tecniche che, se non corrette, possono in futuro aprire la porta a conflitti di competenze e di attribuzione tra i vari poteri dello Stato. Ecco perché Napolitano, non potendo e non volendo bocciare il provvedimento per ovvi motivi - i mercati, il quadro politico - ha deciso di mettere per qualche ora in freezer la manovra chiedendo un supplemento di lavoro al governo prima di emanarla stamattina.
Dopo il gelo, le incomprensioni e le reciproche «irritazioni» del premier e del capo dello Stato, è scesa in campo la diplomazia. Sì, è suonata l’ora di Gianni Letta. L’Eminenza Azzurrina ha tenuto i contatti con il Quirinale in questa che è diventata anche una corsa contro il tempo. Oggi riaprono le Borse, sempre stamattina il governatore Mario Draghi leggerà la sua relazione annuale, l’Europa attende le misure. Il capo dello Stato prende tempo? Pazienza, il segnale arriverà comunque ai mercati. Nessuna polemica. «I tecnici dell’esecutivo - si legge ancora - sono al lavoro nel quadro di un dialogo sereno tra le istituzioni».

L’obbiettivo, fanno sapere da Palazzo Chigi, «è che il presidente della Repubblica possa essere messo nelle condizioni di fare le sue valutazioni sul testo ai fini di una firma in tempi rapidi sul decreto».

In nottata il ministero dell’Economia e il sottosegretario alla presidenza preparano il nuovo testo stralciando quei provvedimenti che, per un motivo o per l’altro, non possono finire nel decreto e che quindi scenderanno dal Frecciarossa e si accomoderanno su un più lento ddl. Quello che resterà invariato è l’impatto economico della manovra, i grandi numeri che ci consentiranno di non vendere il Colosseo e a Napolitano di dare il via libera.

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