Francesco Ermini Polacci
da Torre del Lago
Torre del Lago, dimora prediletta da Giacomo Puccini, ha ospitato con successo il concerto-omaggio al grande musicista promosso dal Comitato Nazionale Celebrazioni Pucciniane 2004-08, alla presenza di un folto pubblico e di un parterre di personalità che includeva la nipote del maestro Simonetta Puccini, Carlo Rossella, Agostino Saccà, Fabrizio Del Noce, Umberto Veronesi, Antonella Boralevi. Era il secondo appuntamento, annunciato dalleloquente titolo «Giacomo Puccini, II Atto: la rivelazione del genio», di una tetralogia, iniziata lo scorso autunno a Lucca e destinata a culminare nel 2008, data che segna il centocinquantesimo anniversario della nascita di uno dei compositori più amati del pubblico: iniziativa degna di attenzione in mezzo ad un panorama musicale spesso desolante, mirata a sottolineare il ruolo di spicco nella musica italiana del Novecento e la fisionomia internazionale di Puccini, come ricordato dal presidente del Comitato Bruno Ermolli allinizio della serata.
A dirigere la Filarmonica della Scala doveva esserci per loccasione Riccardo Chailly, ma in seguito ad unimprovvisa indisposizione il maestro ha dovuto passare il testimone allamico Niksa Bareza, allievo del grande Matacic, già ospite della Scala per La Bohème e prossimo a ritornarvi per Tosca. Invariato invece il programma, costruito intorno ai momenti più celebri di quelle opere che rivelarono in modo definitivo al mondo la personalità geniale di Puccini, ossia Manon Lescaut, Bohème e Tosca, ma anche alle rarità offerte dal Preludio Atto II di Manon (accantonato poi da Puccini nella stesura dellopera così come la conosciamo oggi), dal giovanile Mottetto Plaudite Popoli scritto a ventanni per la festa del patrono di Lucca S. Paolino e dal sorprendente Adagetto, solo di qualche anno successivo, intessuto da un tenero lirismo al quale Puccini ricorrerà ancora per laria di Fidelia nel terzo atto di Edgar (la versione eseguita era quella strumentata e rivista da Chailly). A questo mondo pucciniano così composto Bareza si è avvicinato con un respiro disteso ed un lirismo soffuso che giustamente rinnegavano quelle trivialità purtroppo spesso riservate a Puccini, ricercando preziose sfumature e sonorità in filigrana che la Filarmonica della Scala gli consegnava con impeccabile magistero sempre terse, luminose e ben rifinite. Di qui unangolazione interpretativa che valorizzava Puccini soprattutto nelle sue pieghe più introspettive e delicate (come nellAdagetto, risolto con toccanti accenti pudici, o nelle pagine di Bohème, bagnate da una soffusa luce lunare), magari talvolta mancante di un necessario mordente drammatico ma senzaltro idonea a creare il miglior ambiente possibile per accogliere il canto dei solisti. I quali erano il soprano Ines Salasar (Manon, Mimì, Tosca), lodevole nelle sfaccettature espressive del canto, Massimiliano Pisapia (Des Grieux, Rodolfo, Cavaradossi), tenore dalla fluida e luminosa musicalità, il baritono Giorgio Surian (Scarpia, solista nel Mottetto), un po sfocato nella potenza timbrica ma sempre autorevole nello scolpire le interpretazioni, questultimo affiancato nel grande finale primo di Tosca dal sagrestano comunicativo e disinvolto del baritono Domenico Colaianni.
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