Ubi, la «Sistemi» e lo scontro sugli esuberi

Ubi Banca, Centro congressi Giovanni XXIII: assente (giustificato) il condirettore generale Graziano Caldiani, è Mario Napoli a guidare la «due-giorni» con le forze sindacali sul piano industriale. Ubi vuole firmare l’accordo entro Ferragosto: in sala tutto è pronto, inclusi i due megaschermi ingentiliti dal fondo marino in cui guizzano alcuni pesci, ma il clima è teso. Il manager riesce a proiettare solo 3-4 slide, i sindacati chiedono chiarezza sul piano.
I toni si accendono sulla decisione di «trasferire» 1.650 dipendenti alla neonata Ubi Sistemi & Servizi: la grande e unica società informatica della superpopolare frutto del duro braccio di ferro con cui Brescia ha frenato i piani egemonici dell’anima bergamasca. Alcuni presenti temono che l’esito prospettico possa essere l’uscita della società dal perimetro del gruppo.
La Fabi sposta il confronto sugli esuberi: 1.700 il numero ufficiale, ma i sindacati contestano i 400 dipendenti di troppo che secondo l’amministratore delegato Giampiero Auletta Armenise sarebbero ravvisabili tra le pieghe dell’ex piano di Bpu e di quello della Lombarda.

I conti non tornano anche sull’impatto occupazionale dei 66 sportelli che Auletta vorrebbe cedere a settembre per rispettare i limiti posti dall’Antitrust, ma la distanza si accentua sulla sforbiciata destinata al Banco di Brescia e alla Bre: la prima, che ha un cost income del 47% dovrebbe rinunciare all’8% del personale, la seconda (46%) a un dipendente su dieci. La discussione riprenderà martedì, mercoledì e giovedì della prossima settimana.

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