Uccide la moglie davanti ai figli e si spara

MilanoÈ sbucato dal nulla e senza dire una parola ha spalancato la portiera della macchina, lasciando partire un primo colpo che ha trapassato la lamiera, poi ha estratto a forza la moglie e l’ha uccisa con due proiettili. Il quarto l’ha riservato per sé. Tutto davanti agli occhi dei due figlioletti, dalla cognata e della suocera impotenti davanti a tanta violenza. Scatenata dal più banale, nella sua drammaticità, dei moventi: lui, Piero Amariti, non accettava che Cristina Messina volesse separarsi. E per questo aveva già minacciato la donna. «Ma nessuno ha fatto nulla per fermarlo» accusano ora i famigliari.
Rho è un ricco paesone da 50mila abitanti, nell’hinterland settentrionale di Milano dove negli anni Sessanta si era trasferito da Canicattì ancora bambino Lino Messina. Sessant’anni, gran lavoratore, negli anni ha costruito una solida base per la sua famiglia: un’officina meccanica con annesso un bar dato in affitto, uno stabile in via Rossini 3 da cui ha ricavato tre appartamenti, per sé e la moglie Celestina, 54 anni, per le figlie Cinzia, 35 anni, e Cristina, 34. C’era anche una terza sorella, Eleonora, morta giovanissima nell’86: a lei è dedicata l’officina.
Con gli anni le figlie si sposano e portano a vivere in via Rossini i rispettivi mariti. Cristina in particolare conosce Piero, suo coetaneo, nel 2002. Il matrimonio dopo un anno. Nel 2003 nasce il primo figlio, nel 2006 la femmina. La famiglia Messina rimane unita, compatta: Cinzia va a tenere la contabilità del padre mentre Cristina si impiega nel bar del padre. Ma il suo matrimonio va presto in crisi. Piero, anche lui di origini meridionali, calabresi per la precisione, è un buon padre di famiglia, è entrato da tempo nell’agenzia di pratiche auto creata dal padre, ha però nei confronti della moglie un atteggiamento morboso, quasi da padre o meglio da padrone. Lei non accetta imposizioni e il rapporto si incrina. I litigi si fanno sempre più frequenti.
La situazione precipita il 30 giugno quando, di fronte alle richieste di separazione, Amariti impugna una pistola, minaccia la moglie e la obbliga a fare l’amore. Lei non reagisce per paura, i figli dormono nella stanza accanto, però poi chiama le forze dell’ordine. Arrivano gli agenti del vicino commissariato, ma all’ultimo momento lei sfuma sull’aggressione a sfondo sessuale. Quanto alla pistola, Piero nega la circostanza, gli agenti gli ribaltano casa senza trovarla e lui se la cava con una denuncia.
Piero se ne torna dai genitori, comincia la vita da «separato», frequenta regolarmente i figli, ogni tanto chiede alla moglie di riprendere la relazione, ma sembra tutto sommato molto tranquillo. Ieri alle 8 invece l’epilogo. Le due sorelle salgono sulla loro Citroën C5 per andare al lavoro, sui sedili posteriori il figlio di Cristina, che vuole seguire la mamma. Alla finestra la sorellina, in braccio a nonna Celestina. Arriva il padre e scatena l’inferno: apre la porta, nella concitazione parte un colpo che fora la lamiera, trascina giù la moglie, la colpisce con due proiettili alla testa e alla gola. Poi punta la canna alla tempia e preme per l’ultima volta il grilletto.

Arrivano i carabinieri che raccolgono l’arma, una 357 Magnum risultata rubata: agli investigatori il compito di scoprire dove Piero Amariti l’abbia trovata. Alla famiglia Messina solo piangere la figlia morta. E chiedersi se, dopo la denuncia del 30 giugno, le forze dell’ordine non abbiano sottovalutato la gravità della situazione.

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