Ue, procedura d’infrazione contro la legge Gasparri

La commissione chiede chiarimenti sul digitale. La replica di Mediaset

Maddalena Camera

da Milano

Il provvedimento era nell’aria e puntualmente è arrivato. Bruxelles ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia in merito alla legge Gasparri. E questa è una delle rare volte in cui le preoccupazioni dell’esecutivo europeo sono uguali a quelle del governo. Che però non è quello che ha votato la legge 112, ossia la Gasparri. La procedura di Bruxelles nasce da una provvidenziale (per il governo Prodi) denuncia dell’associazione Altroconsumo.
Il risultato è che l’Ue ha sposato la causa dell’associazione dei consumatori secondo cui ci sarebbero «restrizioni» alla fornitura di servizi nel settore delle trasmissioni televisive, attribuendo «ingiustificati vantaggi» agli operatori già esistenti: Mediaset, Rai e Telecom. Ora l’Italia ha due mesi per rispondere, ma il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ha detto di essere già al lavoro per modificare la legge sposando in pieno le tesi Ue. Ma cosa contesta l’Antitrust europea? In pratica l’autorizzazione data agli operatori analogici già esistenti di acquistare più frequenze per la sperimentazione digitale di quante necessarie e il permesso dato sempre agli stessi soggetti di mantenere il controllo sulle frequenze per le trasmissioni analogiche anche dopo il cosiddetto switch-off, cioè il passaggio definitivo dall’analogico al digitale che Gentiloni ha spostato dal 2008 al 2012. Ma nel mirino del commissario Ue alla Concorrenza, Neelie Kroes, sono finiti anche gli articoli 23 e 25 della legge: solo gli operatori analogici esistenti possono sperimentare le trasmissioni digitali, partecipare al commercio delle frequenze e ottenere licenze per trasmissioni digitali. In definitiva, questi articoli della legge violerebbero le direttive Ue risalenti al 2002, favorendo il duopolio Rai-Mediaset.
In realtà la legge prescrive che gli operatori esistenti mettano il 40% della capacità trasmissiva delle loro reti a disposizione di soggetti terzi. Ma evidentemente all’Ue, e soprattutto al governo di centrosisnistra, questo non basta. A difesa della «sua» legge è sceso in campo l’ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri. «La legge - ha detto - ha aperto il mercato a tre nuovi operatori: D-free, il Gruppo Repubblica-Espresso con Rete A e a «3» per una rete televisiva sui cellulari. Il mercato è cresciuto perché ci sono imprenditori disposti a investire. Tentando ad ogni costo espropri nei confronti di aziende già esistenti non si va da nessuna parte e il consumatore sarà penalizzato».
Secondo Mediaset invece «i rilievi della Commissione Europea si riferiscono all’ispirazione della legge 66/2001 varata dal governo Amato.

Quelli chiave sono due: solo i concessionari analogici sono stati autorizzati al trading di frequenze e alla sperimentazione digitale e la mancanza di un tetto alle frequenze che gli operatori analogici hanno potuto acquisire per il digitale. Ebbene, questi principi sono il cuore della legge approvata da Amato».

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