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È ufficiale, alle urne il 13-14 aprile Napolitano: "Ora dialogo tra i Poli"

Il capo dello Stato firma il decreto di scioglimento delle Camere e lancia l’appello per le riforme: "Esigenza ineludibile per il Paese". L'auspicio: toni soft già durante la campagna elettorale

È ufficiale, alle urne il 13-14 aprile Napolitano: "Ora dialogo tra i Poli"

Roma - Il triplice fischio dell’arbitro, quello che chiude ufficialmente la XV legislatura, arriva a mezzogiorno in punto. Romano Prodi è ancora per le scale del Quirinale, con il decreto di scioglimento stretto sotto il braccio, quando il capo dello Stato spunta alla Loggia alla Vetrata. «Almeno questa partita è terminata», commenta. Ma è stata dura. Mandare tutti negli spogliatoi, spiega; è stata «una decisione obbligata», vista «l’accertata impossibilità» di dare vita a una maggioranza per le riforme, però è pur sempre «un’anomalia non senza conseguenza sulla governabilità del Paese». Ora il capo dello Stato spera in un terzo tempo all’impronta del fair-play: «È il momento per tutte le forze politiche di dar prova di senso di responsabilità». Lo richiedono «le complesse prove cui l’Italia è chiamata a far fronte».

È il giorno dei decreti, delle formalità, dei viavai delle carte con Palazzo Chigi per completare il «percorso istituzionale» della crisi: la data del voto, 13 e 14 aprile, la definizione delle circoscrizioni, la convocazione della prima seduta del nuovo Parlamento, 29 aprile. Per Napolitano è anche il giorno del bilancio. Quando si presenta alla stampa ha la faccia scura. Ha appena ricevuto Prodi, con il quale in questi giorni ha avuto rapporti piuttosto tesi e che lo ha però assicurato che stavolta terrà un profilo basso.

Niente domande. Il capo dello Stato parla per cinque minuti, leggendo un testo scritto. Comincia rivendicando l’autonomia del suo ruolo: «La decisione a cui sono giunto è ponderata al di fuori da qualsiasi condizionamento ed è scaturita dal succedersi di avvenimenti ben noti a tutti». Prosegue mettendo a verbale di aver fatto solo l’arbitro e non il giocatore: «Ho sempre e solo avuto di mira l’interesse comune a una maggiore linearità, stabilità ed efficienza del sistema politico-istituzionale».

Ma la strada era segnata. «Dapprima - ricorda - il venir meno della fiducia al governo con il voto del 23 gennaio al Senato, poi con l’accertata impossibilità di dar vita a una maggioranza che concordasse sull’approvazione in tempi brevi di una riforma elettorale». Da qui, dopo le consultazioni al Quirinale, il tentativo «doveroso» con l’esploratore. Fallito. «L’incarico che avevo conferito al presidente Marini non è stato purtroppo coronato da successo, come mi ha puntualmente riferito a conclusione di molteplici incontri condotti con impegno e scrupolo».

Insomma, bisognava provarle tutte prima di sciogliere le Camere, «nella convinzione che elezioni così fortemente anticipate costituiscano un’anomalia rispetto al normale succedersi delle legislature». Tanto più che, secondo il Colle, il lavacro delle urne non riuscirà a pulire le incrostazioni che stanno bloccando il funzionamento della nostra democrazia. Gia un anno fa, nel febbraio 2007, rammenta, quando il governo del Professore cadde su una mozione di politica estera, «parlai della «necessità prioritaria di una modificazione del sistema elettorale vigente». Il problema è rimasto in piedi perché «in sede parlamentare hanno a lungo negativamente pesato incertezze e divisioni tra le forze politiche». C’era però un’apertura, un abbozzo di dialogo. «Si era giunti nelle ultime settimane sulla soglia di una possibile conclusione». Tanto era bastato perché il presidente lanciasse «un auspicio e un appello perché si definisse quella riforma come primo passo verso una più complessiva revisione delle regole della competizione politica e del funzionamento delle istituzioni».

Lo spiraglio, se mai si aperto, ora si è richiuso e Napolitano prende atto «con rammarico». Adesso il capo dello Stato conta nel dopo, spera in una legislatura costituente. «Il dialogo, ora interrotto, su questi temi - dice - resta un’esigenza ineludibile per il futuro del Paese».

Perciò, ragazzi, abbassiamo da subito i toni: «Mi auguro che la prossima campagna elettorale si svolga in un clima rispondente a quell’esigenza di dialogo da molti ribadita anche in questi giorni».

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