Rodolfo Parietti
da Milano
Nessun articolo di stampa, neanche unipotesi circolata a bassa voce: nel vorticoso valzer delle future, probabili e verosimili aggregazioni italiane, Unicredit non è mai stata tirata in ballo. Forse troppo piccolo e provinciale il mondo bancario tricolore per soddisfare gli appetiti europei di Alessandro Profumo? Errore: «Concettualmente mi domando perché finora Unicredit sia stata esclusa dagli articoli di stampa sul risiko bancario», ha spiegato ieri lo stesso amministratore delegato di Piazza Cordusio al termine dellassemblea, rivendicando un possibile ruolo nella ricomposizione della mappa del credito. La sorpresa che traspare dalla risposta è quella di chi, come Profumo, pensa ancora a crescere solo nel settore di competenza, senza distrazioni accessorie: è per questo che la banca è uscita da Olimpia («Era opportuno focalizzare le nostre risorse nel nostro business ordinario») e non intende farvi ritorno; ed è per questo che esclude la possibilità di aumentare il proprio peso in Generali («Continueremo a reinvestire il valore che ricaveremo dal convertibile nella nostra attività»).
Lestero rimane lo sbocco ideale, anche se dopo le prede grosse (su tutte la tedesca Hvb) e la faticosa campagna polacca per fondere Pekao e Bph, restano «solo acquisizioni minori in particolare nella Repubblica Ceca e la Berliner». Ma «il mondo può cambiare e può cambiare rapidamente», ha aggiunto Profumo. Traduzione: occorre avere capacità di reazione e i mezzi finanziari per cogliere le occasioni che dovessero presentarsi. Anche in Italia. Ecco dunque riproposto il tema di uneventuale partecipazione di Unicredit alla merger-mania italiana: «Non mi sono mai posto il problema se valutare una grande o una piccola acquisizione. Limportante è che crei valore per gli azionisti», ha detto lad dellistituto milanese. Non stiamo studiando nulla, ma non escludiamo nulla».
Una riflessione resa ancora più esplicita in unintervista al New York Times, in cui Profumo viene ritratto come il banchiere che «vuole creare una Citigroup europea in grado di competere con i colossi Usa e, in futuro, con quelli che potrebbero dominare il mercato in Cina». E «senza altre fusioni», sintetizza Profumo, quei colossi non si creano. Un no, quindi, al protezionismo montante in Europa. «No comment» invece sullipotesi di nozze tra Intesa e Capitalia («Quando non siamo coinvolti in unoperazione non abbiamo da fare nessuna valutazione in merito. Il mercato deve fare il suo corso»), operazione delicata perché potrebbe alterare gli equilibri in Mediobanca. Preoccupato da uno scenario simile? «Quando le cose accadono, ci si pone il problema», è stata la secca risposta.
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