Laura Cesaretti
da Roma
La spinosa questione Unipol sarà martedì sul tavolo della riunione di segreteria della Quercia.
Riunione che si annuncia tesa, come il confronto interno che rischia di aprirsi nei ds. Nessuno vuol comparire, ma i dirigenti vicini a Piero Fassino off the records non nascondono allarme e irritazione: «È una materia assai delicata, sulla quale meno si esterna e meglio è», confida un esponente della segreteria. Ma una linea di condotta va scelta, perchè «ora cè questa specie di tregua pre-natalizia, grazie anche allo sciopero dei giornali, ma la campagna contro di noi ripartirà, e sarà dura. Anche da parte dei nostri alleati: vedo già la Margherita che scalda i motori...». E sullOpa cè pessimismo: «Mi pare chiaro che non gliela vogliono far fare», a Consorte. Una vendetta dellestablishment? «Mi limito a constatare che quando si mettono le mani in certi posti, te le tagliano».
Cè chi preannuncia che Piero Fassino attende il confronto interno per decidere se prendere una posizione pubblica: finora, si precisa, lunico commento autorizzato dalla segreteria è stato quello di Cesare De Piccoli, che sul Corriere della Sera ha tenuto a distinguere le «responsabilità personali» di Consorte dai «giudizi politici» dei ds sulla «legittimità di unoperazione di mercato». Dunque deve essere chiaro che il partito «non può reagire come se lOpa fosse roba nostra, come se lavesse lanciata questa segreteria, anche se evidentemente qualche pezzo dei ds se lo aspetta», avvisano dai piani alti della Quercia. E non è difficile capire a quale «pezzo» si riferiscano.
Ancora non si sa se Massimo DAlema, presidente del partito e primo difensore di Unipol contro la «campagna razzista» volta ad impedire al mondo cooperativo di entrare nel settore bancario, parteciperà al vertice di martedì. Quel che è certo è che proprio le recentissime prese di posizione di alcuni dalemiani (in primis il senatore Nicola Latorre, membro della segreteria) hanno fatto arrabbiare molto Fassino. Perchè, spiegano gli uomini vicini al segretario, «avevano quasi il sapore di una chiamata di correo, e questo non può essere accettato». Alla Stampa, Latorre aveva denunciato un «bombardamento in corso: contro Unipol sono partiti gli F-104, e noi dobbiamo schivarli». «Noi chi?», si inalberano al Botteghino, sottolineando che linchiesta deve fare il suo corso, e che «negli Usa, dove letica protestante è applicata al capitalismo, accuse come aggiotaggio e insider trading, se provate, portano in galera». Men che mai è piaciuto quell«avvertimento» del senatore Latorre, secondo il quale la questione Unipol «è ormai una linea del Piave: le prese di posizione e i comportamenti tenuti lasciano il segno». A qualche orecchio, dentro il Botteghino, è suonato come un memento rivolto a Fassino, per ricordargli di essere sceso in campo in prima persona, questestate, per difendere loperazione di Consorte.
«Ma la verità è che Piero non ne sapeva nulla, di tutto quel che sta venendo fuori ora: si è limitato a difendere il diritto del movimento cooperativo a non essere emarginato dal mercato», e forse ha «sbagliato» a farsi trascinare da chi in quelle operazioni «si era evidentemente identificato», fino ad «offrire il proprio petto» per sostenerle. Non ha alcuna intenzione di rifarlo, è il messaggio. E la vicenda Unipol sembra destinata a diventare un nuovo, rischioso capitolo della partita a scacchi tra Fassino e DAlema dentro la Quercia.